di Cesare Colafranceschi in forma di lettera aperta a Lucia Fabi e Angelino Loffredi – Qualche veloce nota su ” Ceccano con gli operai del saponificio Annunziata” di L. Fabi e A. Loffredi, riservando ad altre eventuali occasioni ulteriore note ed approfondimenti espressi anche in forma colloquiale.
Un bel testo, come altri degli stessi autori ( vedi ad es. L’infanzia salvata). Quella di cui discutiamo è una ricostruzione dettagliata di avvenimenti recenti, ma anche un primo tentativo di sistemazione storiografica. Pur da un punto di vista politico ben evidente, essa inquadra l’eccidio di Ceccano, l’uccisione dell’operaio Luigi Mastrogiacomo in un territorio agricolo ed industriale insieme, ma anche in una Ciociaria aperta ad una socialità più complessa derivante anche dalle problematiche nuove della cultura di fabbrica, occasione e stimolo per la nazione intera ad una attenzione specifica al movimento operaio da tradursi in nuovi ordinamenti legislativi.
Agilmente distribuito in cinque capitoli il testo si legge in maniera scorrevole; abilmente costruito intorno al drammatico epilogo ricordato nella strada antistante il saponificio Annunziata.
I ceccanesi, i frusinati, molti sanno che i fatti di Annunziata dei primi anni sessanta del ventesimo secolo hanno segnato in maniera indelebile la memoria politica, sociale, culturale di una intera comunità. Ciò in primo luogo emerge in maniera determinata dal testo. Non scioperano solo gli operai di Annunziata, ma sciopera Ceccano sollecitata dai comitati cittadini : altre fabbriche, gli studenti, i commercianti, mentre l’intero consiglio comunale appoggia l’azione di protesta con prese di posizioni unanimi. Gli operai, le operaie sono espressione di una terra…
Un altro non secondario aspetto, che è quello che dà il tono alla drammaticità degli eventi raccontati è che tutta la Città di Ceccano praticamente è presieduta da forze dell’ordine in assetto di guerra, l’elmetto indossato, mitragliette e fucili spesso con il colpo in canna per arginare scioperi mantenutisi sostanzialmente nei limiti e per impedire ogni appoggio esterno allo sciopero stesso. L’esito delle sparatorie, sembra effettuate non solo come deterrente, è praticamente un bollettino di guerra.
Un terzo elemento emerge dal testo: in quei giorni primaverili del 1962 a Ceccano si sta giocando una partita politica, sociale di carattere nazionale, proprio in relazione alla recezione governativa degli esiti delle lotte operaio ( la richiesta sul disarmo della polizia durante i conflitti di lavoro… il rinnovo di contratti di lavoro…) e alla costruzione di governi di centrosinistra. La composizione delle giunte comunali a Ceccano anticipa questi a partire dalla esperienza drammatica di queste lotte operaie.
Altre note: Intento non dichiarato ma evidentemente espresso nel la ricerca è uno schieramento di parte degli autori che pur illustrando fatti a partire dalle fonti ( affidabili le ricostruzioni giornalistiche di autori che spesso giornalmente frequentavano i luoghi delle manifestazioni ed erano sulla strada ) usano il linguaggio del militante che non disdegna ma cerca un giudizio etico-politico sugli avvenimenti narrati ( il linguaggio della sinistra degli anni sessanta, con qualche fuga negli anni ottanta novanta- la delocalizzazione vedi “l’impari lotta tra lavoro e abuso del capitale. Stato repressivo con i deboli e vile con i forti…
Sicuramente anacronistico e ” padronale” l’atteggiamento del Cav Annunziata, Sor Antonio. Tanti Annunziata hanno segnato la storia industriale del frusinate degli anni cinquanta sessanta. In molte piccole medie aziende del nostro territorio oggi è possibile vedere all’ingresso la fotografia del fondatore della stessa. Nel dopoguerra, dal vendere chiodi per anni si è passati ad essere possessori di quote in supermercati, dal carrettino della raccolta delle ossa e grassi animali delle macellerie appunto a saponifici, ciò fatto da ” padri padroni…” Le storie politiche amministrative lavorative, sociali del frusinate sono state anche questo. Hanno comunque prodotto ricchezza, anche se per una serie di cause, non hanno retto alla sfida della innovazione portata dalla globalizzazzione.
E ‘ vero che spesso le politiche governative del secondo dopoguerra lungimiranti a livello nazionale (da noi a favore del Mezzogiorno) sono state gestite in maniera “padronale” e spesso familiare ( aspetti dell’andreottismo in Ciociaria) ma anche questo ha segnato lo sviluppo della nostra società, l’industrializzazione di aree considerevoli.) nel campo della ricchezza e dei diritti.
Un’ultima nota. Il clero ciociaro, nel secondo dopo guerra, è vero anche riflettendo atteggiamenti di alcuni vescovi (vedi per tutti Musto a Sora) erano andreottiani nei modi con cui molti di noi ricordano, ma molti parroci, molti religiosi non lo erano, come non lo erano molti giovani soprattutto provenienti dalle fila dell’azione cattolica; tutte persone sensibili alle problematiche del mondo operaio attenti alle componenti sociali dell’esperienza di fabbrica. Anche a Ceccano la situazione era questa. Il clero è stato vicino agli operai di Annunziata anche perché nella stragrande maggioranza cattolici. Un cenno a questo aspetto nel testo non avrebbe guastato la vostra ricerca che comunque qualifica l’attaccamento da parte vostra ai luoghi e alla società che vi ha visto protagonisti dal punto di vista professionale e politico e da qualche tempo, della ricerca storica.
Con affetto Cesare Colafranceschi
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