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pieter bruegel 225

pieter bruegel 225di Loredana Ferri – Giochi di bambini: territori da scoprire. Sparsi sul pavimento c’erano i soliti giochi: Baffone il gatto con gli occhi blu, Gigetto il topo di gomma che se gli schiacciavi la pancia suonava, e altri compagni di avventure. Da quel giorno decisi che non mi sarebbero più bastati. Li fissai per un istante, poi corsi dalla mamma chiedendo di poter andare in cortile. Chiusi la porta dietro di me, scesi le scale di un piano e andai a chiamare Stella e i suoi fratelli, al secondo piano c’erano Alessio e Mario, proseguendo giù al piano terreno da Rosi. Uscimmo da quel portone come pulcini verso il cortile, dove non c’erano spazi verdi, ma lunghe file di garage aperti e vuoti. Non avevamo nessuna nozione religiosa e politica. E ancora non era ben chiaro cosa fosse l’odio, l’amicizia e l’amore: eravamo puri e ingenui. La nostra unica missione era giocare, giocare, giocare all’infinito. Sarebbero stati passatempi dove bisognava arrivare primi a tutti i costi. Giochi per bambiniUn’olimpiade senza podio e medaglie. Eravamo identici ai bambini dell’olio su tavola del pittore fiammingo Pieter Brugel il Vecchio: “Giochi di bambini” del 1560, dove rappresentò ben ottanta giochi del suo periodo. Arrivati nel cortile alzai lo sguardo e vidi il condominio sopra di me, immenso come fosse una gigantesca aquila: il cortile era il suo nido. Stese sui balconi pendevano le lenzuola gonfiate dal vento, erano le sue ali, sembravano volessero proteggerci. Non c’erano più le mamme a controllarci, ora eravamo soli con noi stessi, scoprendo così la vita. Tenendoci per mano facemmo il giro completo di quei garage. Mario era il più grande e ci leggeva ad alta voce i numeri scritti sopra ognuno di essi “58,59,60, giochiamo a nascondino!” Quale gioco migliore? Per giorni fu il passatempo che più ci piaceva. Quante corse per fare tana, quante cadute! Le ginocchia erano sempre sanguinanti e le regole erano ferree, mai e poi mai bisognava farsi vedere piangere. Dopo una caduta si sentiva prima un pizzicore, il cuore iniziava a battere forte poi, un nodo in gola mi soffocava da non poter emettere nessuna sillaba. Mi rialzavo subito pulendo la ferita dalla polvere, il sangue iniziava a colare sporcando le calze. A quel punto senza correre tornavo a casa, solamente lì finalmente, mi liberavo con un pianto coronato da grosse lacrime. Una volta medicata dalla mamma, tornavo di nuovo “sul capo di battaglia”, orgogliosa di mostrare a tutti la ferita nascosta da una fasciatura stretta, tanto da camminare come una mummia. Pochi giorni e la ferita guariva; certo le cicatrici rimanevano, ma poco importa quando si è piccoli. Al nostro gruppetto si aggiunsero altri bambini alcuni di loro erano grandi, fu positivo per noi perché imparammo ad andare in bicicletta. Fu così che abbandonammo il gioco del nascondino per passare alle due ruote. Giochi di bambini di Pietre BruegelChe giri folli intorno a quei garage, ovviamente non esisteva il concetto di senso unico, così a ogni angolo gli scontri erano fatali e devastanti, non solo ci ferivamo le ginocchia, ma anche i gomiti e il mento, rialzarsi era durissimo. Le bici erano solo due quindi dovevamo aspettare ognuno il nostro turno dunque fu inevitabile litigare, spesso ci si strattonava e noi femminine ci si prendeva anche ai capelli. Fu lì che conoscemmo l’ingiustizia e di conseguenza il rancore e a volte l’odio? Il gioco ci rivelò la sua doppia faccia. Come un’esploratrice, viaggiavo di cortile in cortile alla ricerca di nuovi territori da scoprire. Così facendo mi fu data un’altra opportunità di svago. Di fronte al mio condominio ne costruirono un altro, dal mio balcone vedevo dei bambini che si divertivano su grandi spazi verdi. Notai che i loro giochi erano a me sconosciuti, ne fui subito attratta. Casualmente conobbi Cristina, una bambina di quel condominio la quale in pochi giorni m’inserì nella sua compagnia. I giochi passarono da competitivi a fantasiosi: re e regine, fate, gnomi e altri esseri strani. L’unico dilemma: chi faceva la parte del re e della regina? Anche lì le discussioni erano molto animate, passando al gioco della guerra senza accorgercene. Per fortuna i nostri drammi terminavano con la compassione e il perdono, il finale era sempre gioioso riportando tra noi l’ordine e la pace. Nel quadro del Brugel s’intravede lontano un paesaggio sereno e tranquillo, la meta da raggiungere. Mi domando come ci si arriva: forse attraverso un gioco che ancora dobbiamo imparare.
“I giochi dei bambini non sono giochi, e bisogna considerarli come le loro azioni più serie”. Michel De Montaigne.

 

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Loredana Ferri

ByLoredana Ferri

Scrittrice di racconti. Di Ivrea, collabora con UNOeTRE.it dall'anno 2013. Di sè dice: Mi chiamo Loredana Ferri: classe 1963. Ho frequentato studi artistici. Come spesso accade nella vita ci si ritrova a intraprendere altre strade, mai rimpiante o rinnegate. Dal 1983 al 1996 ho lavorato all’Olivetti. Dopo l’esperienza olivettiana sono ritornata alla mia più grande passione: la pittura a olio, spaziando anche su altre forme d’arte. Da qualche anno anche la scrittura mi sta appassionando.

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