di Giovanni Nardone – L’operazione realizzata dall’On. Nazzareno Pilozzi che ha lasciato il gruppo di SEL della Camera per entrare nel Gruppo Misto prima e costituire il Gruppo denominato Libertà e Diritti – Socialisti europei, ci mette di fronte all’opportunità di accelerare il processo per la costituzione di una forte sinistra di governo prescindendo dalle fughe in avanti che porterebbero solo ad un’ isolamento a sinistra. A tale proposito invito l’amico Nazzareno a riflettere sull’opportunità di costruire un sistema di relazioni con soggetti anche diversi da quelli della rappresentanza politica, cioè i soggetti che in questi anni si sono affacciati alla ribalta che partono da un’idea di trasformazione accompagnata a quella di conservazione di diritti e valori. Dobbiamo ragionare di questi cambiamenti e della trasformazione delle modalità e delle forme con le quali rispettare e consolidare quei diritti e quei valori soprattutto in un sistema paese caratterizzato da un elevato livello di welfare e da una forte centralità del lavoro dipendente nei rapporti sociali necessita inevitabilmente di un modello di sviluppo orientato a processi di crescita di natura quantitativa e/o qualitativa, in grado di sostenere un adeguato livello di capacità produttiva e consentire il reinvestimento sociale di una sufficiente quota di reddito prodotto.
Il neoliberismo e la sua stessa fase degenerativa finale, caratterizzata nelle economie più sviluppate dell’Occidente dalla centralità del momento speculativo/finanziario nei processi di creazione della ricchezza nazionale, dal trasferimento massiccio di quote di ricchezza dal salario alla rendita ed al profitto, dalla supplenza dell’indebitamento quale fattore fondamentale di sostegno ai consumi, e dalla fuga dei capitali dall’investimento produttivo verso l’impiego finanziario, sono state una risposta di natura rigorosamente capitalistica ad una crisi dei tradizionali fattori di crescita delle economie più avanzate e mature. Il loro crollo disastroso, derivato da quella distruzione di ricchezza reale causata dalla esigenza senza controllo di alimentare “ad indefinitum” una redditività dell’investimento finanziario non più collegata alle ragioni economiche reali della sua possibile rivalutazione, che ha realizzato una drammatica interversione delle proprie originarie ragioni costitutive, fondate, al contrario, sulla necessità di una riattivazione di un processo di crescita compatibile con i nuovi processi di globalizzazione seguiti alla riunificazione del mercato mondiale, in entrambi i segmenti commerciali e finanziari, può quindi costituire per la Sinistra una opportunità storica irripetibile per affermare con successo un nuovo modello di sviluppo e di rapporti sociali in cui la ridefinizione radicale dei concetti di crescita e di ricchezza diviene la condizione essenziale per la salvaguardia dell’equilibrio sociale e della tenuta democratica di tutto il sistema occidentale.
La crisi finanziaria e la recessione economica da essa prodotta, che sta sconvolgendo, ormai da sei anni il mondo sviluppato, ha infatti nuovamente portato all’ordine del giorno, in occidente, quel diretto legame tra la questione sociale e la questione democratica che ha caratterizzato il passato sviluppo di tutte le Democrazie borghesi prebelliche e che la successiva affermazione della economia Keynesiana aveva di fatto cancellato dallo scenario di tutti i grandi Paesi occidentali. In Italia in particolare alla crisi economica ed alla crisi sociale, che già restringono i margini per una corretta manifestazione di una democratica dialettica tra le forze sociali in none di un corretto sviluppo del confronto tra le rispettive distinte rappresentanze, si aggiunge una crisi drammatica del sistema politico nel suo complesso, crollato nei suoi livelli di rappresentatività e credibilità, che trascina le stesse istituzioni statuali e l’intera struttura amministrativa del sistema paese, in un cortocircuito inestricabile. Siamo di fronte ad una crisi dello Stato prodotta da una crisi del sistema politico non più in grado, di fronte alle urgenze poste dalla congiuntura economica e dai vincoli indotti da un sistema di relazioni finanziarie condizionante la stessa sovranità nazionale e cogente rispetto ai margini di operatività del suo sistema di governo, di risolvere le sue contradizioni interne a complessivo beneficio della tutela del sistema paese, trascinandolo, al contrario, in una spirale di interazioni negative reciproche tra costo ed inefficienza della struttura amministrativa dello Stato ed impossibilità di sostenere politiche di spesa a sostegno del sistema produttivo ed a tutela delle garanzie sociali che assicurano la tenuta del tessuto democratico del Paese. Esiste pertanto, per la Sinistra italiana, un rapporto inscindibile tra la necessità di risoluzione della crisi dello Stato e del suo sistema politico, attraverso un nuovo rapporto tra le rappresentanze politiche e la pubblica amministrazione complessivamente intesa, e la definizione concreta di un possibile nuovo modello economico e dei rapporti sociali, fondato sulla ricostruzione di una politica industriale, attraverso una capacità di programmazione complessiva dello sviluppo da parte del sistema degli istituti di sovranità popolare e di Governo, e costruito su un modello distributivo generale delle risorse e della ricchezza, in cui, ad una complessiva restrizione tendenziale della ricchezza nazionale prodotta corrisponda, inversamente, un maggior livello della sua redistribuzione collettiva.
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