Che ce ne facciamo della Mogherini alle politiche estere UE se non sappiamo dire no al massacro di vite umane

Guerra nella striscia di Gazadi Nadeia De Gasperis – Io quasi invidio chi riesce a schierarsi da una parte o dall’altra, come da un lato all’altro di un fosso di scolo.
Di fronte alle “poche” immagini di devastazione che ci raggiungono, esultare un tifo accanito come di fronte a un brutto fallo.
Io ogni mattina, devo allestire una cortina di distacco, per sopportare il peso di quel sangue, della morte, ma soprattutto, una trincea che mi difenda dagli attacchi del potere delle immagini di chi disperato rimane in vita, di chi ha perso tutto e deve correre impietrito dal dolore, più veloce del dolore che lo insegue, e deve trovare un modo di nascondersi, così esposto alla disarmante consapevolezza dell’inelluttabile perdita.
Devo difendere la mia striscia di indifferenza, attaccata dall’aria, dal mare, dall’offensiva del pensiero del “prossimo mio come me stesso”.
Rimangono le colpe. Rimangono le responsabilità. Rimane la colpevole responsabilità dell’indifferenza.
Da qualunque fronte la si racconti, la storia, che ha anche solo sfiorato la vita di un solo bambino, è una “brutta brutta” storia.
La guerra non ha mai riservato sorprese in positivo, non ha mai riportato bilanci in positivo, non ha mai innescato correnti di pensiero positivo, la guerra è l’affare più incongrurente con la vita, e come tale, generatrice di fetenzìe e altre cose immonde. É un brutto affare, giocato sporco, da uomini che non sono mai diventati uomini.
Li hanno presi in fila di età, nove, dieci e undici anni, come si conviene all’esecuzione capitale di una speranza per il futuro, di capitale umano per il futuro.
Io non ho l’abitudine di aprire lo spionciono sulle foto e i filmati che “potrebbero urtare la vostra sensibilità.” Non lo faccio perchè la sento una violazione del dolore altrui. La mia sensibilità è già ammacata su ogni lato, lavorata ai fianchi, sfiancata. Non ho bisogno di guardare le figure per “sentire” le storie. Ma questa volta ho aperto il filmato, e la cosa più atroce è stata guardare la vita che corre, un istante prima del massacro. Con il mare che assiste e ruggisce, impotente, arenato nel tonfo del delirio umano. Certo come può uno scoglio arginare il male?
Vado a leggere notizie, sulle testate dei giornali e prenderei a testate il muro. Non una parola da parte dei “nostri”, che giocano battaglie a colpi di tweet, divisi tra i teatrini tra il premieri e i 5 stelle e lo sdegno per le nomine del commissario alle politiche estere. Che cosa ce ne dobbiamo fare di un commissario alle politiche estere se non siamo in grado di dire una parola sul massacro di vite umane, la cui vita si può contare ancora su due mani. Cosa ce ne facciamo se non si può contare sulle mani nostre?
Magari , del commissario, ce ne serviremo per rintracciare le prove dell’esecuzione capitale, del nostro capitale di umanità. Ma si alzerà anche su questa strage di empatia, un altro muro di gomma, contro il quale rimbalzerà la nostra indifferenza.

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Nadeia De Gasperis

ByNadeia De Gasperis

Nadeia De Gasperis, nata a Sora (Fr) il 10 agosto del 1977. Dopo aver frequentato il liceo scientifico Leonardo Da Vinci di Sora, nel 1996, si iscrive alla facoltà di Scienze Ambientali presso l'Università degli studi dell'Aquila, dove lavora come borsista, presso la biblioteca della Facoltà di Scienze. Dopo gli studi, collabora come docente nel campo della formazione destinata ai professionisti. Dal 2009 inizia la collaborazione con la rivista di fotografia documentaristica Rearviewmirror, un magazine di reportage documentaristico edito da Postcart, dove collabora alla cura dei testi e dell'archivio. Normal 0 14 false false false IT X-NONE X-NONE Rearviewmirror

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