di Nadeia De Gasperis – Racconta mia madre, che seduti a una panchina della Villa comunale di Sora, emozionati come due ragazzini, quali erano, si preparavano a sfogliare la prima copia del Manifesto, quando a pochi passi da loro una donna seduta da sola, consumava lo stesso rito. La avvicnarono, con l’emozione di chi si “riconosce”.
Nei giorni seguenti, lei e mio padre, fecero il giro delle edicole per promuovere l’adozione del quotidiano. In poco tempo il giornale vantava il “tutto esaurito”. Negli stessi giorni, alcuni dei padri e delle madri fondatrici del quotidiano (tra i quali Luigi Pintor, Rossana Rossanda, Lucio Magri, Luciana Castellina) , videro una piazza colma di cittadini sorani che li acclamava con ampio consenso, mentre assisteva al comizio delle elezioni politiche dove mio padre compariva nelle fila del PDUP. Luciana Castellina, venne in sostegno della lista, per quella “intesa” PCI-PDUP, baluardo di quella importante tornata elettorale.
Quando la sinistra sorana diede vita alla Casa Comune della Sinistra, riunendo sotto lo stesso tetto la famiglia allargata dei partiti della sinistra, frammenti dei partiti della Rifondazione Comunista, del PDCI, Sinistra democratica, diede vita a un esperimento pilota che fu osservato con molta curiosotà da vari luoghi del Paese. In occasione dei congressi, che avrebbero decretato la nascita della Sinista l’Arcobaleno, si parlava di questa realtà, come di un viaggio di avanscoperta all’inseguimento di un sogno concretizzabile: l’unione della sinistra. A diffondere il verbo fu il giornale Di Sinistra. DI Sinistra, il giornale.
Furono invitati cittadini comuni, esponenti della società civile, del panorama culturale, insegnanti, studenti, operai, a scrivere un loro articolo. Un blog ne promuoveva la diffusione in rete, mentre una versione cartacea dello stesso formato di un quotidiano ma con una impaginazione suggestiva, si apriva nel titolo, a caratteri cubitali, con una grande S di sinistra… “Di Sinistra, il giornale”.
Nacque perfino una bella intesa con alcuni giornalisti della rivista Left, la rivista nata nel 2006, attraverso la trasformazione editoriale della precedente Avvenimenti. Il suo nome, oltre al chiaro e dichiarato riferimento politico, si spiega in origine come acronimo delle parole simbolo della rivoluzione francese, Liberté, Egalité, Fraternité, con l’aggiunta della T di Trasformazione.
Parteciparono a un dipattito pubblico che si tenne in Sora, presso la sede della casa comune della sinistra, in occasione della festa “DI Sinistra” condita dagli antichi caratteri dell’Unità: conferenze tematiche, stand di libri, associazioni di volontariato (actionaid, amnesty… ) musica, immancabilmente, tagliolini e fagioli.
Si deve prestare ascolto a queste storie, come si assiste al rito di iniziazione della storia di una civiltà. La politica ha fatto la storia di alcuni giornali, ma anche alcuni giornali hanno segnato la storia della vita politica del Paese, dove le prestazioni reciproroche erano stabilite in precedenza e in modo che tra esse vi fosse corrispondenza. Nulla a che vedere con la compravendita delle buone intenzioni.
Certo l’Unità non è più quella di una volta. Delle feste dove donne operose e operaie, offrivano generose porzioni di sagne e fagioli, ammassate di loro pugno, un pugno chiuso, a sinistra. L’Unità non è quella della festa nazionale voluta da Berlinguer dove io piccolina assistevo allo spettacolo irripetibile di un concerto di De Andrè. Anche le sonorità di De Andrè avevano già innestato la vena malinconica.
Ma non si gioisce mai della morte di un giornale, primo fra tutti il motivo, non trascurabile, mai banale, che il mestiere del giornalista è un mestiere. Una tautologia che solo a trascurarla, si fa una figuraccia retorica.
L’unità si chiude con due pagine sole, il resto in bianco, bianche sono le pagine della storia di Resistenza da riscrivere, bianco il colore della morte nelle fabbriche, bianco il colore delle bare dei bambini mai approdati a una nuova vita di riscatto, bianco è la misura della voce muta di chi voce non ha, se qualcuno non ha cura di codificarla in carta e inchiostro. Bianca l’indifferenza dei detentori del giornale, che lasciano, a quasi cento anni dalla sua nascita, che un giornale muoia, invece di bramare l’attesa di una festa centenaria di conferma e di rinnovato impegno.
«Dovrà essere un giornale di sinistra. Io propongo come titolo l’Unità puro e semplice che sarà un significato per gli operai e avrà un significato più generale”.» (Antonio Gramsci, fondatore del quotidiano l’Unità, 1924).
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