di Gianmarco Capogna* – Si è tenuta ieri la Direzione del Partito Democratico che con 130 voti favorevoli (renziani e giovani turchi), 20 contrari (Civati e i delegati di area, Bersani, D’Alema, Fassina, Miotto, Boccia, Cuperlo, D’Attorre) e 11 astenuti (parte di area riformista di Speranza), ha decretato il via libera alla proposta del Segretario-Premier per la delega al Governo per la riforma elettorale mercato di lavoro che contiene il superamento dell’articolo 18 con un sistema dai tratti confusi e poco chiari, che parla di indennizzo e reintegro, ma che non scende nel dettaglio delle coperture economiche, delle tempistiche, delle modalità. Nei 44 minuti di discorso, Renzi ha dimostrato di saper essere un bravo oratore, seppur con toni discutibili, dicendo cose giuste e condivisibili, altre meno, altre che andrebbero dimenticate, come il fatto che in Italia la lotta alle discriminazioni sia qualcosa di superato. Forse il Segretario farebbe bene a leggere un qualsiasi report dell’Agenzia europea per i diritti umani con sede a Vienna per comprendere che forse nel nostro paese una battaglia in tal senso non è nemmeno cominciata.
I dati sulla disoccupazione, e in particolare quelli riguardanti i giovani, meritano attenzione e riflessione e devono condurre ad una riforma del mercato del lavoro che sia capace di abbassare i costi del mondo del lavoro pur mantenendo alti gli standard di tutele applicabili ai lavoratori, prendendo esempio da tutte quelle realtà europee che sono riuscite a conciliare entrambe le cose. Per questo nasce spontanea la domanda per cui forse la Direzione intrapresa potrebbe essere sbagliata, o meglio controproducente. Lo è anche perché nonostante ci sia stato un dibattito vivo, come da tempo non si vedeva nel partito, per l’ennesima volta ci sono stati degli assenti: i giovani. Quegli stessi per i quali dicono che questa riforma è necessaria. I giovani, capaci di avere una propria opinione su un tema e una riforma che determinerà il loro futuro, non solo lavorativo ma anche sociale.
Non è l’abolizione dell’articolo 18, che al momento tutela circa 8 milioni di lavoratori e che deve essere ampliato senza alcuna discriminazione, che determinerà nuova occupazione. Ne sono convinto a livello personale, come membro di un’area, l’unica che in maniera compatta ieri ha votato contraria, e come membro dei Giovani Democratici, organizzazione giovanile che ha sottolineato più volte la futilità della cancellazione di tali tutele, tra l’altro già ampiamente depauperate dalla legge Fornero. Si spera inoltre che la questione degli italiani emigrati all’estero alla ricerca di un lavoro, non sia liquidata dal Partito Democratico come fatto dal Segretario durante la trasmissione di Fazio, con un semplice “fanno bene a portare il nome dell’Italia all’estero”. All’estero la mia generazione scappa, perché questo è il termine esatto, perché riconosce che nei vicini europei, o addirittura in altre parti del mondo, si può trovare non solo occupazione ma anche condizioni di lavoro dignitose e rispettose della propria preparazione specialistica. Situazioni che in Italia non sono assicurate, e in tanti casi nemmeno lontanamente immaginate. Ma neanche di questo ieri si è parlato. E non si è parlato di come modificare la formazione professionale, non si è definito come si ridurranno le forme contrattuali, si è detto che si intende aprire un tavolo con i sindacati, ma che su alcuni punti (articolo 18 ad esempio) non si tratta perché i tabù (?) vanno superati, si parla di legge delega ma non si capisce per bene cosa ci sia scritto dentro, si nominano coperture finanziarie ma non si capisce se questo comporta tagli e dove questi tagli andranno a colpire.
E allora siamo certi che sia davvero la Direzione giusta?! Non valeva la pena forse interrogarsi sui contenuti degli emendamenti presentanti al Senato che potrebbero chiarire alcuni aspetti e migliorarne altri, per dare finalmente a questo paese una riforma organica, ragionata e intelligente che possa spingerci avanti invece di mantenerci sempre allo stesso punto?! Le percentuali del voto di ieri si potevano facilmente prevedere. Nessuno pensava che Renzi sarebbe andato sotto in Direzione. La partita che rimane aperta è quella Parlamentare dove la minoranza può creare problemi di stabilità alla maggioranza. Per l’ennesima volta il Segretario-Premier ha deciso di andare dritto per la sua strada, con aperture e mediazioni dai contorni poco delineati che non danno certezze, senza prendere in considerazione il contributo della minoranza, che poteva permettere di superare l’impasse. Anche per questo credo che la Direzione intrapresa sia sbagliata.
*Gianmarco Capogna – membro Area Civati Frosinone
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