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Strasburgo: da Papa Francesco un messaggio di speranza

papa francesco al parlamentoeuropeo 2014 11 25 350 260Papa Francesco parla al Parlamento Europeo il 25 novembre 2014

papa francesco al parlamentoeuropeo 2014-11-25 350-260di Donato Galeone*Renzi e il Piano europeo Juncher di 300 milioni da rafforzare.

Dopo Giovanni Paolo II – un quarto di secolo dal 1988 – è Papa Francesco che parla sia al Consiglio d’Europa che al Parlamento Europeo. Questo Papa, non molto giovane, venuto a Roma dalla “fine del mondo” è l’uomo che sta affrontando molte nuove sfide per la Chiesta cattolica – in Italia con l’Europa – già dalla sua visita a Lampedusa in quel “cimitero di migranti del nostro Mediterraneo” e pochi mesi fa in Albania e ieri anche in Turchia.

Ecco, giunto, l’invito di Strasburgo a Papa Francesco, desideroso di “dare a tutti i cittadini europei un messaggio di speranza e di incoraggiamento” come ha detto martedi 25 novembre in quel luogo simbolo dell’Europa – il Parlamento – per lanciare contenuti alti ed essenziali – diretti tanto all’Italia quanto all’Europa e al mondo. Dalla lettura di quel messaggio – molto franco nelle parole – si ritrova un compendio di meriti riscontrabili nel passato europeo e problemi del presente e futuro sia dell’Italia che dell’Unione Europea, condivisibili, non solo e largamente dagli europarlamentari perchè è l’invito universale di Papa Francesco a non mettere al centro della politica l’economia ma la “dignità della persona”.

Si tratta, chiaramente, di un discorso-appello pastorale del Papa Vescovo di Roma ma è altrettanto discorso collegabile e trasferibile – con forte valenza politca – come invito a voler ristabilirne, in Italia e nell’Unione Europea, il primato sull’economia “senza essere subordinati alle derive burocratiche e del tecncismo”.

Ed ecco l’attualità del momento per l’Unione Europea quasi “paralizzata da problemi finanziari e soffocata da anni di austerità” che fa da richiamo al Papa per l’essenzialità della centralità della persona e del lavoro con l’impegno a cercare “nuovi modi per coniugare flessibilità del mercato e necessaria stabilità e certezze delle prospettive di impiego, indispensabili per lo sviluppo umano dei lavoratori”.

Invito a riflessioni e impegni non solo verso i responsabili politici dell’Unione Europea sui “grandi ideali che hanno ispirato l’Europa e che sembrano aver perso lo loro forza attrattiva in favore della tecnica burocratica delle sue istituzioni” ma anche verso quelle derive individualistiche che contrastano – giorno dopo giorno – quelle volute aggregazioni che non molto tempo fa si facevano chiamare “comunità” e che oggi alimentano solitudine, indifferenza e scarsa attenzione per i poveri, i migranti e gli anziani.

Ed ecco il Papa argentino, venuto a Roma, guardando l’Europa con affetto di uomo di Chiesa mentre esprime preoccupazione anche da Strasburgo – il 25 novembre – invita tutti a “cambiare” abbandonando l’idea di una Europa impaurita e piegata su se stessa per suscitare e promovere l’Europa sociale e del lavoro quale “protagonista, portatrice di scienza, di arte, di valori umani e anche di fede”.

E ieri primo dicembre 2014, al Senato della Repubblica italiana – nella riunione plenaria della Conferenza degli Organi Parlamentari apecializzati negli Affari dell’Unione dei Parlamenti dell’Ubione Europea (Cosac) – il nostro Presidente del Consiglio Renzi – probabilmente io penso – restandogli ancora l’eco dell’invito di Papa Francesco in lui fermo della scorsa settimana a Strasburgo ed al termine di un semestre italiano di presidenza europea, più che invisibile, ha detto e ripetuto che “l’Europa è a un bivio e deve cambiare verso”.

Ieri il rappresentante massimo del nostro Governo, Matteo Renzi, è stato più concreto e più politico davanti all’Unione dei Parlamentari dell’Unione Europea nel dichiarare che “il piano Juncker di 300 milioni di euro va nella direzione gìusta ed a nostro giudizio va rafforzato” aggiungendo e sottolineando “la necessità di fare investimenti senza i quali non c’è futuro”.

Così come per l’Italia la “legge di stabilità 2015” si chiama in realtà – ha detto Renzi – “di stabilità e crescita” e si deve correre anche perchè “l’Europa ha bisogno di correre e se non cambia la propria direzione di politica economica non sarà un problema solo per l’Italia, sarà un problema per gli europei e le europee”.

E dall’Istat mentre giungono segnali preoccupanti per l’aumento della disoccupazione italiana che raggiunge il 13,2 % riemerge, ancora, l’ambiguita di Renzi che pur preoccupato dei liveli alti dei disoccupati (3 milioni e 410 mila persone) afferma che da quando “ci siamo noi al Governo ci sono più di 100 mila posti di lavoro in più”.

Questa ambiguità di dati più similare all’infantilismo contrasta, peraltro, anche con le serie storiche Istat che a febbraio 2014 indicano in Italia 22 milioni e 323 mila occcupati, passati poi a 22 milioni e 405 mila a marzo (Renzi è in carica da fine febbraio) ed ora siamo a quota 22 milioni e 374 mila mentre la stessa Istat rileva che gli occupati di ottobre sono scesi, rispetto a settembre, di 55.000 unità (stabili su base annua).

Appare chiaro, ormai, cercando di superare ogni ambiguità giornaliera tanto per il nostro Paese quanto per scuotere Europa dal 2015-2020 che – con Renzi e con le parti sociali necessita il “come va rafforzato il piano Juncher dei 300 milioni di euro” perchè si tratterebbe di rilanciare e incentivare gli investimenti pubblici e privati delle imprese – con il lavoro contrattato e partecipato – promuovendo gradualmente, concretamente e socialmente la integrazione dei popoli degli attuali 28 Paesi verso l’unità politica, potenziale umano ed economico europeo, nel contesto di una logica concorreziale, innovativa e propositiva nel nuovo mondo globalizzato.

Si tratterebbe, nel concreto e con modalità e tempi certi, di avere capacità politica di indicare una via di uscita graduale – difficile ma non impossibile – dalla crescente “crisi sociale e del lavoro” convenendo, ragionevolmente, tra parti sociali e sindacati in azione anche in questo mese di dicembre che – oggi – nessun Paese europeo è in grado di uscire da solo dalla crisi e al nostro continente europeo servirebbe un analogo “piano marshall europeo” così come fu avviato, nella primavera del 1948, per la ricostruzione dei Paesi europei devastati dalla seconda guerra modiale.

Una scelta politica e sociale di ampia tipologia dimensionale modulare che partendo da un parziale “piano nazionale di sviluppo integrato italiano” potrebbe assumere una priorità essenziale quale momento unitario, indispensabile, al ruolo del Sindacato dei lavoratori del nostro Paese, propedeutico, ad una contestuale iniziativa da condividere con i sindacati democratici europei, quali propositori e protagonisti dialoganti del lavoro in ogni fase elaborativa e attuativa, tra parti sociali, dell’auspicabile “piano europeo di sviluppo della economia e del reddito da lavoro contrattato e partecipato”.

Sono certo – così come potranno convenire i lettori dei due messaggi del 25 novembre 2014 – che l’augurio di Papa Francesco dato all’Europa concretizzandosi con l’avvio di un possibile “piano europeo” di programmabile e vero sviluppo sociale e del lavoro – sarebbe il forte segnale dell’auspicata “edificazione di bene comune” più volte sollecitata anche nel Parlamento di Strasburgo.
Frosinone, 02 dicembre 2014

* già Segretario Provinciale di Frosinone e Regionale CISL Lazio

Scarica il discorso integrale di papa Francesco dal link che segue Papa Francesco Discorso al Parlamento e al Consiglio europei

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