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Ceccano: Ora serve una ricucitura del tessuto abitativo delle contrade

ceccano palazzo antonelli 350 253Municipio di CeccanoPalazzo Antonrlli Municipio di Ceccano

ceccano palazzo antonelli 350 253da Arch. Anita Mancini e Ing. Antonio Olmetti riceviamo e pubblichiamo – “Bisogna affrontare il grande problema della tutela e della messa in sicurezza del territorio, passando dalle grandi opere e/o eccesso di edificazioni abitative ad un gigantesco rammendo”.
Rassicuranti e sagge parole, pronunciate però da chi, in preda a colpevole amnesia, ha dimenticato il grande e dissennato consumo di suolo e terreni agricoli degli ultimi vent’anni, colate e colate di cemento che sigillando i suoli, hanno deviato i corsi d’acqua, ne hanno ridotto l’elasticità e accresciuto gli effetti di frane e sismi e danneggiato il paesaggio e l’ambiente, fatto “crollare” il valore delle nostre case.
Non poche colossali e inutilizzate cattedrali di cemento, costate alla fine milioni di euro, sono sorte in quegli anni: una per tutte l’edificio che nato per essere utilizzato da incubatore d’imprese a servizio dell’imprenditorialità giovanile, costruito in prossimità dell’argine del fiume (ahimè), e con finanziamenti della comunità europea e mai utilizzato per lo scopo finanziato (prima divenne non senza altri esborsi di soldi pubblici, una succursale della locale biblioteca, poi venne usato da associazioni e occupato da una sala multimedialee infine inutilizzato per via dei costi di manutenzione e delle infiltrazioni provenienti dal fiume che ne inficiarono in gran parte gli impianti).
Sarebbe bastato realizzare come del resto ora auspicano questi personaggi del tempo che fu, migliaia e migliaia di piccole opere per rendere anzitutto le contrade (a Ceccano non crediamo sia corretto chiamarle “periferie”) più vivibili, le montagne e i corsi d’acqua più sicuri, i trasporti più civili, le linee di telecomunicazioni più efficienti, l’aria ed il suolo più puliti, la condizione dei cittadini più umana. Sarebbero bastati non onerosi investimenti in euro per cambiare la faccia del Centro storico e al tempo stesso attrarre il turismo, creare posti di lavoro e ottenere un reale vantaggio economico per tutti.
Ed ora? Bisogna essere capaci di un’inversione di rotta come quella sopra indicata, oltreché riattivare le manutenzioni dell’esistente e realizzare un “trasparente” presidio territoriale che assicuri l’equilibrio del territorio.
Ora è il tempo di una “ricucitura” del tessuto delle contrade: in passato hanno dovuto accontentarsi un lampione o di un tratto di fognatura ma ora non può essere più così. Se davvero vogliamo rigenerare le contrade lo spazio pubblico deve essere il protagonista dell’azione amministrativa. Piazze, reti wi-fi, spazi verdi, piccoli campi per fare sport e – perché no – spazi per fare musica. Le contrade di Ceccano occupano una porzione “pregiata” di territorio e spesso ricadono, per la pianificazione urbanistica regionale in “paesaggio agrario di valore”, o devono convivere con i vincoli del Fiume, delle aree boscate, delle montagne: le costruzioni sono per lo più case ad uno o due piani edificate dalle famiglie, spesso in diverse fasi. Non possiamo permettere che siano stravolte con massicce costruzioni, magari plurifamiliari.
Dotarle di questo tipo di spazi significa farle entrare appieno nel tessuto sociale e culturale della città: spazi collettivi fruibili anche da chi vive al centro perché la “contrada” divenga fruibile da tutti i cittadini e non solo dai residenti. Questo significherà senz’altro aumentare il valore di quelle abitazioni, il più delle volte costruite con sacrificio e dedizione, perché saranno inserite in una “zona” di maggior valore.
Da questo punto di vista la legislazione nazionale e regionale, con il nuovo piano casa approvato ad ottobre dal Consiglio Regionale del Lazio si muove proprio in questa direzione.
Il nuovo Piano Casa della Regione Lazio prevede interventi di miglioramento delle abitazioni, anche con riguardo alla qualità architettonica, consentendo gli ampliamenti che – specie in questo tempo di crisi – appaiono più che mai opportuni. Le famiglie, sempre più spesso, si trovano a dover condividere la stessa casa, quando i giovani non riescono a trovare una casa propria indipendente e la necessità di ampliare gli spazi diventa un’esigenza che non si può ignorare. Lo stesso piano caso favorirà tutti gli interventi sulla “città costruita”, ovvero la cosiddetta “rigenerazione urbana” (demolizioni e ricostruzioni, cambi di destinazione). Viene prevista anche la possibilità di eseguire interventi di sostituzione edilizia nelle fasce di rispetto, a patto che la ricostruzione abbia luogo nello stesso lotto o in uno confinante, al di fuori delle fasce stesse. Oltre a questo le norme relative alla “ruralità” multifunzionale, cioè le possibilità date alle aziende agricole per affiancare alla consueta attività aziendale attività compatibili (agriturismo, turismo rurale, attività didattiche e terapeutiche ecc..) consentirà di aprire l’agricoltura del Lazio alla multifunzionalità e di ampliare le possibilità di intervento sul tessuto edilizio esistente, senza concedere aumenti di volumetrie e cambi di destinazione d’uso.
Un piano come questo può generare occupazione convogliando anche risorse private purché siano evidenti ai cittadini, l’impegno pubblico, la volontà politica, la capacità progettuale e la trasparenza delle risorse e delle attività siano esse appalti o contratti di servizi, o informazioni corrette da fornire ai cittadini. Tutto questo è il nostro auspicato gigantesco “rammendo”.

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