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criminalita organizzata mindi Ermisio Mazzocchi – Comuni sciolti. Dal 1991 al 22 novembre 2017 sono stati sciolti 290 Consigli comunali per infiltrazioni mafiose, di cui 25 annullati a seguito di ricorso. Ben 21 sono gli scioglimenti decisi nel 2017 e il trend è in aumento: quest’anno sono stati già 14 i comuni sciolti per mafia contro i 4 dell’anno scorso. Questo è quanto riporta in un recente studio “Avviso pubblico”, già carta di Pisa e la elaborazione “Sole 24 Ore”. Sono dati che comportano una riflessione su un fenomeno che non si arresta e diventa sempre più allarmante. Nessun comune della provincia di Frosinone è stato colpito da provvedimento di scioglimento per infiltrazioni mafiose. E questo è un fatto positivo.

E’ altrettanto necessario costruire barriere di coscienza civile e di impegno delle istituzione per impedire che si possa essere “infettati” da questo virus della malavita organizzata. Ci deve guidare in questo confronto, la consapevolezza che la provincia di Frosinone è investita da un sistema malavitoso che si insinua nei gangli della società. E’ necessario prendere atto che abbiamo di fronte una situazione critica che richiede un crudo realismo di analisi e l’individuazione di azioni concrete. Considerazioni che si basano su dati certi e acclamati dagli organi nazionali e regionali.

La Regione Lazio denuncia, su la base del rapporto dell’Osservatorio regionale su la mafia, l’esistenza e la consistenza nel Lazio e quindi in questa provincia di una organizzazione malavitosa mafiosa di vaste proporzioni. E’ la prima volta che accade. Una presa di coscienza significativa e di apertura a successi interventi. Le stesse forze dell’ordine in questi ultimi anni hanno intensificato, molto più di quanto sia stato fatto nel passato, i loro interventi, sgominando bande di trafficanti di droghe e colpendo la rete organizzativa delle criminalità mafiosa. Deve essere chiaro che non è sufficiente prendere coscienza della dimensione del fenomeno malavitoso. La criminalità organizzata si è strutturata in modo da essere efficace e penetrante nei gangli della società, soprattutto nelle fasce più deboli e degradate, esercitando corruzione e pressioni di ogni genere.

Il ruolo delle Istituzioni è fondamentale per orientare e per intervenire costantemente contro fenomeni malavitosi che hanno colpito sul piano ambientale, e non solo, in modo preoccupante.
Si apre un fronte su cui occorre intervenire con convinzione e determinazione che è quello istituzionale, in particolare delle amministrazioni comunali. Poco e scarsamente efficaci e molto sporadicamente sono gli interventi di diversa natura che sono stati compiuti dalle amministrazioni.
Il problema è serio e richiede una strategia politica in grado di dare una risposta non occasionale, ma credibile per combattere con efficacia la criminalità organizzata.

E’ il momento di essere netti e chiari nell’affrontare argomenti complessi e gravosi.
Ritengo essenziale porre delle priorità nell’orientamento delle scelte che devono essere compiute. La prima è una crescita diffusa della coscienza sociale. La camorra, la mafia e le altre forme di delinquenza organizzata non potranno mai essere sconfitte se non si verifica un risveglio di dignità civile della popolazione e l’unità delle forze democratiche che intendono combattere la criminalità organizzata e l’illegalità. Se non si diffonde una forte coscienza civile, prevale l’indifferenza. Se non si provoca un sussulto civico, non si mette fine all’omertà. Se non si amplia la partecipazione, non è possibile costruire e mantenere vivo la lotta alla mafia. Un impegno che richiede il coinvolgimento della parte sana delle comunità cittadine, di quella ampia parte di cittadini disponibile a lottare e denunciare i corrotti, i collusi, gli spacciatori, i malavitosi.
Questa dovrebbe essere la condizione ottimale che stenta a realizzarsi. Apprezzabile sono tutti quei movimenti che operano per raggiungere questi obiettivi. Tuttavia, non ancora del tutto sufficienti, tanto più che è diffusa la convinzione che per molti di questi fenomeni criminosi, è cosa che “non ci riguarda”, o ancora peggio che “così è stato sempre”.

Segnali di paura, debolezza, indifferenza. La seconda priorità risiede nel ruolo delle Istituzioni, che è centrale in questo compito. Il comune è un presidio del territorio. La criminalità organizzata intenderebbe condurre il suo attacco verso quel presidio attraverso meccanismi che tendono a intaccare la sua funzione. In sostanza la criminalità organizzata non punta al controllo “militare” del territorio, ma al dominio verso pezzi del tessuto economico, di “investire” nell’edilizia, al controllo dello smaltimento dei rifiuti, in particolare quelli tossici e nocivi, e si potrebbe continuare. In questa moderna strategia della criminalità si annida il pericolo più dannoso per le stesse amministrazioni comunali, come dimostra l’alto numero di Consigli comunali sciolti per mafia. Le Istituzioni dovrebbero porre al centro della loro azione una maggiore e più incisiva e permanente lotta alla corruzione e alla illegalità. Trasparenza e legalità sono i pilastri della gestione amministrativa, indispensabili per impedire alla criminalità organizzata di assumere, anche in questo territorio, un ruolo formidabile come strumento di potere e di governo del territorio locale, incidendo nell’economia, intervenendo su i ceti produttivi, vittime o collusi, agendo su la vita quotidiana di parti consistenti della popolazione. In definitiva la crescita di una coscienza civile e una presenza attiva delle istituzioni sono complementari, in cui le forze politiche assumono nella loro funzione istituzionale e di rappresentanza, compiti di garanzia per la legalità e la trasparenza.

Un’opera di alto valore civile, che può essere portata a termine solo da una sana politica e da migliori condizioni di vita del paese.
La prima deve rinnovare i suoi parametri di intervento su un terreno difficile, insidioso, ostile. Rivedere e attenersi ai suoi codici di comportamento e imprimere una accelerazione al ruolo delle Istituzioni, dai comuni al governo, con interventi mirati, concreti, visibili. La seconda rimane fondamentale per sottrarre le opportunità che si presentano in una società che scivola sempre più verso il degrado e la povertà.
Il lavoro e la certezza dell’occupazione restano decisivi per arrestare una crisi della qualità della vita. A esso vanno aggiunti altri campi di interventi dalla scuola alla informazione, dalla cultura a nuovi modelli urbani delle città.
Siamo consapevoli che questa lotta alla criminalità organizzata è difficile, lunga, con più aspetti legati alla globalizzazione del mondo, ai cambiamenti geopolitici in Europa e in altre parti del mondo, alle differenze abissali tra i popoli e tra le diverse comunità sociali. Tutto ciò non deve giustificare nessuna rinuncia né blande azioni di intervento. La salvaguardia della legalità è centrale in una società moderna e rimane l’impegno decisivo per sconfiggere il nemico che vorrebbe tenere sotto dominio con la corruzione e le azioni malavitose parti della società. Il sistema mafioso è oggi più agguerrito e raffinato di ieri, che punta alla corruzione affaristica e a inquinare le regole del mercato economico. Agisce in un sistema avanzato in cui la mafia non è quella del passato, né quella del presente, ma opera con metodi di avanguardia nell’utilizzo di strumenti di alto valore professionale come quello informatico e quello finanziario.
Non possiamo abbandonare questo fronte di lotta né dobbiamo avere speranze. Dobbiamo avere certezze di sconfiggere e debellare il sistema della criminalità organizzata. La forza di potere vincere questa sfida ci viene dalla convinzione che cresce una coscienza e si rafforza una volontà da parte dei cittadini di non potere più subire e di rimanere indifferenti allo strapotere di bande criminali organizzate che tolgono la dignità e il rispetto delle persone e soffocano la civile convivenza.

8 dicembre 2017

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Ermisio Mazzocchi

ByErmisio Mazzocchi

Ermisio Mazzocchi: nato a Vetralla (VT) il 7 agosto 1946. E' laureato in Filosofia presso l'Università di Roma "La Sapienza". Nel 1972 è dirigente nel PCI nella Federazione di Frosinone. Dal 1985 assume l'incarico di Presidente della Confederazione italiana coltivatori (oggi CIA) che lascerà nel 1990 per ricoprire incarichi politici nel Comitato regionale del PCI e in seguito PDS del Lazio. Si è occupato di agricoltura e dei suoi prodotti come Presidente della Consulta regionale e nell'ambito dell'ARSIAL. Nel 2004 tiene su incarico dell'Università di Cassino un corso sul tema "Storia della bonifica pontina". Nel 2003 pubblica il suo primo libro sulla storia dei partiti cui segue il secondo nel 2011 sullo stesso tema. Il suo impegno politico è nel PD. Studia avvenimenti storici ed economici.

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