di Ivano Alteri – È molto probabile che Salvini abbia commesso un grave errore tattico, potenzialmente letale, nel decidere di affossare il Governo Conte. Forse non ha considerato abbastanza che il massiccio consenso ricevuto dalla Lega alle scorse elezioni europee era molto legato, nella testa dei suoi nuovi elettori, proprio all’esistenza di quel governo, col quale Salvini e la Lega avevano ottenuto un potere politico e una visibilità del tutto insperati, di certo non proporzionati ai numeri ottenuti, invece, alle elezioni politiche. Per di più, forse non ha considerato abbastanza che, nonostante l’exploit della Lega alle europee, i suoi numeri nel parlamento italiano restavano gli stessi, ossia di molto inferiori a quelli dei 5Stelle, i quali, invece, con i propri avevano la possibilità di creare nuove maggioranze alternative (tra l’altro senza alcun ribaltone o inciucio, visto che dalle urne del 2018 non è uscita alcuna maggioranza). D’altronde, forse avrebbe dovuto già essere edotto da tempo che di tattica si può morire, come gli mostravano e dimostravano ampiamente le “generose” esperienze fornite dal Pd e dalla sinistra negli ultimi lustri.
Ora, però, grazie a quell’errore, e non certo per meriti altrui, possono aprirsi scenari che sembravano preclusi fino a qualche giorno fa. Lo scenario più accreditato sembra essere la creazione di una maggioranza parlamentare composta da M5S, Pd e Leu.
L’alleanza tra queste due aree sarebbe stata già possibile nel 2012, col Pd di Bersani che aveva non-vinto le elezioni (essendo il primo partito, ma senza i numeri per governare) e il M5S al 25%, ma l’impreparazione di quest’ultimo, e alcuni suoi originari tratti impolitici, impedirono che quella possibilità si concretizzasse; assistemmo allora allo scontro Cambiamento Vs Cambiamento. Poi quell’alleanza sarebbe stata possibile anche nel 2018, col M5S vincente e il Pd ai suoi minimi storici; ma quest’ultimo, tiranneggiato e decimato da Renzi, preferì la dieta del pop-corn, e anche allora non se ne fece niente. Forse è il caso di ricordare, ad entrambi i soggetti, che la mancata alleanza del 2012 causò la nascita del Governo Monti e la sua scia di lacrime e sangue per i cittadini italiani; e la mancata alleanza del 2018 causò la nascita del Governo Conte, svilito e strumentalizzato dalla deriva salviniana, stra-votata alle elezioni europee. Ma il tempo trascorso da allora potrebbe non essere trascorso invano, ed ora potrebbe prospettarsi davvero un concreto scenario di Cambiamento.
Sono note le opinioni di coloro che, sia nel campo del M5S sia in quello del Pd, considerano tale alleanza “innaturale”; ma se la politica è l’arte di rendere possibile ciò che è necessario, ed è necessario un cambiamento del Paese nel giusto verso, allora costoro dovrebbero meglio considerare che probabilmente è più “naturale”, o meno “innaturale”, un’alleanza tra M5S e Pd, piuttosto che quella tra M5S e Lega, o tra Pd e qualche parte inciucista della destra (com’è stato nel recente passato). Forse, ancora, dovrebbero meglio considerare che, con ogni probabilità, è proprio il “verso” che il Cambiamento prenderebbe con quell’alleanza, ad aver indotto Renzi e i suoi poteri di riferimento ad impedirla. Ora, invece, proprio Renzi è costretto a proporla, anche se sappiamo che della sua parola non ci si può fidare, e che il suo scopo è solo tentare di ipotecare ancora le vicende del Pd. Forse, però, ci si potrebbe fidare della parola del Pd zingarettiano, che prima o poi dovrà pur definire il proprio “verso”; ammesso però che si sciolgano anche le pregiudiziali nel campo 5S.
Sono molte le difficoltà che si frappongono alla creazione di tale alleanza; non ultima, proprio la capacità d’interdizione di Renzi e i “suoi” parlamentari; ma questi ultimi saranno “suoi” fino a quando non si prospetterà una nuova e reale alternativa, a fronte della quale avranno buoni argomenti per aggiornare la propria posizione, se non vorranno trasformarsi da “parlamentari di Renzi” in “capponi di Renzo”. In ogni caso, il carattere particolarmente ostico di quelle difficoltà potrebbe indurre i fautori del Cambiamento ad ignorarle e procedere purchessia; in questo modo, però, l’alleanza nascerebbe con non poche forzature e in evidente stato di necessità; e non è questo che serve. Ciò che serve, invece, sarebbe una sostanziosa e catartica autocritica del M5S e del Pd, a partire dalle idee sbagliate di ciascuno, secondo il nostro parere, e dai reciproci pregiudizi. In questo potrebbero essere aiutati da Leu, che ha mostrato nel tempo maggiore lungimiranza di entrambi.
Da parte nostra, vorremmo limitarci, da semplici tifosi, ad esprimere qualche parere preliminare, pre-programmatico, rivolto all’uno e all’altro soggetto.
Al M5S. Forse sarebbe il caso che il Movimento eliminasse dal proprio armamentario ideologico e propagandistico alcune idee sbagliate e pregiudizi che di buona politica non hanno nulla, ma che, al contrario, risultano particolarmente ostativi ad ogni cambiamento e urticanti al solo ascolto. Innanzitutto: gli elettori del Pd non sono pidioti, non sono come “quelli che vanno a letto con una vecchietta perché da giovane era una gran bella donna”, ma persone e cittadini che, nonostante tutto!, conservano la volontà di partecipare alla vita politica del Paese; a cui, tra l’altro, sono legati come pochi altri. In secondo luogo: la sinistra e la destra esistono nella condizione materiale di milioni di uomini e donne, nella concreta realtà sociale; la scelta di misconoscerlo equivale a “intelligenza col nemico”, per quanto inconsapevole, ed espone al sospetto di tradimento e collaborazionismo intenzionali; quindi, essere “né di destra, né di sinistra” è, a nostro parere, un’emerita sciocchezza; semmai, si è “di destra e di sinistra”. In terzo luogo: il “sono tutti uguali” non è soltanto falso e offensivo per chi non è “uguale”, ma anche carico di disfattismo e fallimenti rovinosi. In quarto luogo: la politica delle alleanze non è un’attività da inciucisti, ma una necessità ineliminabile dalla politica democratica; senza tener conto della quale ogni obiettivo politico si trasforma in velleità. In quinto luogo: la “professionalità” nella politica serve, e non deve necessariamente far degenerare il ceto politico in casta (l’esperienza in corso dovrebbe giovare al giudizio dei 5S). Insomma, il M5S riveda le sue posizioni: esso può continuare ad essere parte della soluzione; non si faccia ora parte del problema.
Al Pd. Forse sarebbe il caso che anche il Pd eliminasse dal proprio armamentario ideologico e propagandistico alcune sue idee sbagliate, sempre secondo il nostro giudizio, che lo hanno portato all’ininfluenza politica e fin quasi all’estinzione. E allora, innanzitutto: i 5S non sono “grillini” ma cittadini che si auto organizzano; Grillo è stato solo il catalizzatore di energie già circolanti; per la precisione, essi non sarebbero neanche nati come organizzazione politica se il Pd non avesse tradito la propria rappresentanza popolare; chi li demonizza, quindi, è oggettivamente contro la partecipazione dei cittadini alla vita politica. In secondo luogo: se proprio li si vuole identificare col male, i 5S sono stati un “male necessario”; necessario al Pd stesso, per ridestarsi dal diabolico malefizio liberista, liberticida, affamatore, predatorio e proditorio degli ultimi venticinque anni. In terzo luogo: i 5S non sono degli incapaci ma solo delle persone spesso senza esperienza; e la loro inesperienza è quella di cittadini scientemente e colpevolmente estromessi per decenni dall’agone politico, dagli stessi che oggi li accusano di incapacità. In quarto luogo: la politica delle alleanze non è il momento delle disinvolture e delle piroette programmatiche, ma esattamente il suo opposto: è il momento dell’attuazione del proprio programma e della coerenza, compatibilmente con la realtà politica. In quinto luogo: il professionismo politico senza rappresentanza degli interessi, dei diritti, delle sensibilità reali dei cittadini, è soltanto carriera di alcuni, sostenuti da carrieristi loro pari, questuanti vari e poveri cristi di elettori condannati senza appello all’amarezza di infinite disillusioni. Insomma, anche il Pd riveda le proprie posizioni: esso è stato parte del problema, ora si faccia parte della soluzione.
Ad entrambi, invece, vorremmo suggerire di fare chiarezza, a se stessi e a noi tutti, su un aspetto che rischia di restare ancora e di nuovo sullo sfondo, pur essendo invece, secondo noi, centrale: cosa possiamo aspettarci di buono da una eventuale maggioranza di governo composta da un non-partito con un non-statuto, come i 5S, e un partito-fluido-liquido-gassoso-plasmatico, insomma finto, come il Pd? Non sarebbe il caso di rivedere ognuno le proprie opinioni, catastrofiche all’evidenza dei fatti, a proposito della presunta vetustà della forma partito? Non è stata, in ultima istanza, proprio l’eliminazione proditoria dei partiti strutturati la vera causa dell’estromissione drastica dei cittadini italiani e dei loro interessi dalla gestione della cosa pubblica? E non è proprio da quella estromissione che è derivata la degenerazione morale, politica, culturale, sociale, non di rado istituzionale, dell’insieme del Paese? È possibile un qualsiasi, reale, cambiamento, senza prendere atto di ciò e agire di conseguenza?
Insomma, ora che “la frittata è fatta” e “Salvini l’ha pestata grossa”, grazie a lui e non ad altri, tutti questi nodi verranno al pettine. La speranza è che essi siano sciolti e non tagliati di netto, affinché i possibili operatori del Cambiamento non si trasformino negli autori, più o meno intenzionali, della più becera e truculenta conservazione.
Frosinone 17 agosto 2019
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