di Errico Rosa* – É in corso l’esposizione di una selezione di opere di 5 artisti, fino al 10 gennaio del nuovo anno, presso i locali della biblioteca comunale di Pignataro Interamna (Fr). (in fondo all’articolo immagini di alcuni quadri esposti)
“Assonanze Visionarie” è una mostra che unisce cinque artisti facendo emergere il contenuto favolistico, poetico e magico del loro lavoro. Un accostamento che propone chiavi di lettura diverse mediato da esperienze formative degli autori che conducono ognuno a soluzioni interpretative insolite.
I cinque raccontano il loro trascorso uniti da un comune aspetto evocativo mettendo a confronto esperienze appartenenti a fasi storiche molto distanti, generazioni lontane, linguaggi espressivi difformi tra di essi. Sono di contro accomunati da ricerche espressive affini sul mondo fantastico, onirico-surrealista e Simbolista. Con tre di loro, Italo Boccitto, Danilo Salvucci e Normanno Soscia, in occasione del vernissage parliamo delle esperienze artistiche, mi descrivono i loro dipinti e il percorso di maturazione ognuno con proprie chiavi interpretative.
Giovanni Filocamo, unico artista non vivente, non ha bisogno di essere raccontato. La sua storia attinge i ricordi da un periodo pionieristico dell’arte in provincia di cui molti apprezzano la valenza. Una storia legata indissolubilmente a quella de “la Saletta” di Frosinone nel dopoguerra della ripresa, luogo espositivo, di dibattito, di incontro e di scontro culturale tra intellettuali, politici, giornalisti ed artisti. Con una pittura sempre elegante e poetica si propone in questa circostanza con opere emblematiche di personaggi in pose immobili e senza tempo che guardano l’osservatore in atteggiamento interlocutorio in chiave simbolista e surrealista.
Il feto e la maternità, la nascita della vita e la morte sono i temi trattati da Boccitto, sulla scia del tema già mirabilmente affrontato da Alberto Boatto alla metà degli anni ’70 del Novecento nella memorabile mostra dal titolo “Ghenos, Eros e Tanatos” (dove esposero Burri, Cintoli, Pascali, Boetti, Kounellis, Pisani, Fioroni, Lombardo, Pozzati, Fabro, Zorio, De Dominicis, Mauri, Mattiacci). Le figure di donne inanimate, sprofondate in un torpore trans-esistenziale, sono collocate all’interno di trame astratte e decontestualizzanti dove il dramma della morte si alterna a quello luminoso della vita, estremi che racchiudono l’eros. Una vita rappresentata da volti di fanciulli e feti, qualche volta animati, altre tristemente inanimati o sofferenti. Queste opere ci narrano il nostro inquietante destino che sin dall’origine risulta essere inesorabilmente ostile alla vita.
I paesaggi di Salvucci con le varianti del blu, costruiti con policromie di colori complementari, giocano un ruolo predominante nella disposizione delle masse. Paesaggi che rievocano villaggi nostrani, campanili che si ergono da crogiuoli di case alla ricerca di un equilibrio instabile, privi di umana presenza ma animati da fauna di specie lontane. Salvucci, inventore di borghi ed agglomerati rurali, sembra prediligere il caos con saltuari riferimenti tra cubismo e pittura naïf, dove la flora assume valenza decorativa e i cieli, riscaldati da anabbaglianti sfere solari, sono gli unici spazi abitati da volatili. La rara presenza umana assurge a elemento di citazione in una pittura che riporta alla mente alcune produzioni favolistiche, poetiche e magiche, con elementi compositivi posti come in una sorta di collage ove i colori si legano al fantastico per dare anche qui all’onirico un ruolo dominante.
Soscia, il veterano del gruppo, di aspetto mite, ha uno sguardo luminoso che emerge da un volto segnato dagli anni. Mi illustra il tema trattato e racconta i suoi personaggi, le sue coppie i cui attori si fondono tra di essi. Anche qui il tempo sembra essersi fermato in istantanee che fotografano la latente disperazione di uomini e donne in pose pudicamente morbose, individui uniti nella desolante solitudine di coppia, nel dramma di un’esistenza spenta, rassegnati ad un ineluttabile destino a cui qualcuno reagisce con timidi approcci atti a rivitalizzare una sessualità perduta in un’esistenza spenta. Segnale evidente di una libido ancora desiderosa, ostacolata da membra ormai stanche e imprigionata in corpi senescenti.
Lo spartito artistico che segna i lavori di Chiara Valeri si lega anch’esso all’universo surrealista mediante un linguaggio che attinge alle composizioni kandiskijane. Le superfici dipinte sono inserite in riquadrature che evocano le cornici di antichi tappeti persiani, a loro volta legate al sogno, alla follia, con giochi di forme frutto della pura fantasia. I toni opachi del colore usato vibrano molto vicino alla l’interiorità del visitatore.
Dicembre 2019
*Errico Rosa, architetto e docente di Storia dell’arte
Cliccare sulle singole foto, qui sotto. per ingrandirle
1 – Italo Boccitto 2 – Giovanni Filocamo 3 – Danilo Salvucci 4 – Normanno Soscia 5 – Chiara Valeri |
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