Dopo l’emergenza
Donato Galeone* – In questi mesi di primavera 2020 l’emergenza sanitaria ed economica ha prodotto sofferenze di dimensione imprevedibile – non solo italiana ed europea – riproponendo, giorno dopo giorno, la massima attenzione “difensiva” – innanzitutto – verso la salvaguardia della salute personale e comunitaria.
Ai lavoratori e lavoratrici, già occupati in tutti i settori produttivi, si è riaffacciata subito la condizione della “questione lavoro” nella sua continuità , scongiurando “licenziamenti e sicurezza di sostegno al reddito” per sopravvivere, da erogare subito e per la durata dei tempi transitori dall’effettiva ripresa del lavoro.
La dimensione mondiale – nel coinvolgimento sociale ed economico a salvaguardia della salute di tutti e di ciascuno – dovrebbe accelerare, ragionevolmente, cambiamenti nel modo personale e comunitario del vivere, essenzialmente, sul “come progettare il produrre beni e servizi” nei tempi e in una fase di transizione – dal novecento industrializzato di capitalismo finanziario neoliberista – verso una prevedibile nuova fase di modello produttivo e con nuove prospettive di sviluppo entro cui non potrà non emergere il “nuovo ruolo articolato del futuro lavoro” nei vari livelli produttivi – per competenze professionali attivabili – con certezze di lavoro ed equo reddito contrattato e partecipato.
Si tratta di accelerare confronti e collaborazioni cogenti per generare nuove prospettive verso obiettivi solidali e pratici capaci di superare sia le pregresse“sofferenze umane” che quelle di oggi, evitando arretramenti, che ricadrebbero prevalentemente su lavoratori e lavoratrici oltre che sui giovani.
Così come non disattendere la drammaticità di“altre sofferenze umanitarie” conosciute non da oggi: quelle dei “migranti e profughi” verso cui appaiono calanti tanto l’interesse mediatico quanto l’attenzione delle istituzioni di governo nazionale nella dimensione europea, congiunta alla pari sofferenza di persone e nuclei famigliari che nel nostro Paese“non hanno alcun sostegno al reddito” ( secondo l’INPS questi nuclei famigliari sono circa un milione, ovvero, circa tre milioni di persone).
In questa cornice – si dice ripetutamente – potrebbero presentarsi due scenari possibili: il primo “ ottimista” e il secondo “pessimista”.
Le ipotesi sono collegate verso e dopo il 4 maggio ed, essenzialmente, al lavoro e al “fatturato delle imprese”:
– il primo, con il termine di fine maggio, il fatturato scenderebbe di oltre 7 punti nel 2020 per poi risalire nel 2021 ai livelli del 2019;
– il secondo, con il termine fine anno, il fatturato scenderebbe di quasi 18 punti nel 2020, per poi risalire 2021 per raggiungere i livelli del 2017.
E’ certamente una esemplificazione sommaria che, però, è variabile dipendente, moltissimo, dagli “interventi pubblici a sostegno dell’economia e del lavoro”- innanzitutto – dai problemi di liquidità di quasi tutte le imprese che ridurrebbe o azzererebbe il rischio disoccupazione, partendo subito dai “rapporti di lavoro a tempo determinato” che sono prevalenti nella filiera turismo, ricezione e ristorazione oltre che nelle imprese commerciali.
Sulle modalità e tempi della ripresa produttiva anche gli accademici guardano all’andamento del PIL (prodotto interno lordo) nel rapporto con la prevedibile disoccupazione che, secondo Dell’Aringa e nella realtà italiana ad 1 (uno) punto di PIL corrisponderebbe non necessariamente un incremento occupazionale, ma un incremento dello 0,5% delle ore lavorate. Per altri studiosi produrrebbe un calo dello 0,37% del tasso di disoccupazione.
Questo mio voluto richiamo, pur accademico e da verificare, andrebbe connesso ai tempi di ripresa delle attività produttive dopo il 4 maggio – in massima sicurezza per la salute dei lavoratori – considerando e ipotizzando che solo la “perdita del 5% del PIL” causerebbe la perdita del 2,5% delle ore lavorate ( sono le ore lavorate dai rapporti di lavoro a tempi determinati) e determinerebbe un aumento di 1,85% del tasso di disoccupazione. Ipotizzando una “perdita doppia del PIL(10%)” il tasso di occupazione, già modesto nel nostro Paese, scenderebbe dall’attuale 59% al 53%. (avvicinandoci alla Grecia).
Rilevo che per l’Istat le eventuali riduzioni di attività si rifletteranno in una diminuzione del 4,1% del PIL nell’anno in corso nella previsione di un esaurimento delle misure contro il virus entro il mese di aprile e del 9,9% di un loro proseguimento fino al mese di giugno.
Le conseguenze sulla occupazione – per ora – sono difficilissime da stimare pur conoscendo che i diversi sostegni al reddito messi in campo in questi ultimi mesi hanno coinvolto circa 8 milioni di persone – contenendo provvisoriamente la crescita dei lavoratori e lavoratrici disoccupati – che in parte – “non rappresentati dai sindacati” – potrebbero perdere il lavoro in uscita dai sostegni al reddito.
Considerare, valutare e gestire responsabilmente tutte le misure – oltre le 13 del positivo protocollo del 24 aprile tra Governo e Parti Sociali per la esecuzione della fase 2 dell’emergenza sanitaria – impegna tutti e subito verso la fase 3 finalizzata a favorire e sostenere la ripresa dell’economia e del lavoro con interventi programmabili, peraltro e in tempi certi, nei comparti di attività produttive – con le risorse finanziarie – per la crescita della occupazione: nella sanità, le infrastrutture ambientali, la estesa istruzione, la informatizzazione dei servizi e l’assistenza alle persone.
Ecco, quindi, che con il 25 aprile 2020 – Festa della Liberazione dal nazifascismo – si può rispondere all’appello del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella – così operando – per il “recupero di una piena sicurezza per la salute e una azione di rilancio e di rinnovata capacità di progettazione economica e sociale”.
E il prossimo 1° maggio 2020 – festeggeremo, con CGIL-CISL-UIL, i temi “del lavoro, della unità e della partecipazione” che quest’anno assumono valenza ancor più simboliche e profonde in un momento difficile per tutti. Temi – ripeto anch’io – che non sono prigionieri dell’attualità ma che sono volti al futuro prossimo, con il lavoro, per ricostruire il nostro Paese nella dimensione economica europea e mondiale.
(*) già Segretario Provinciale di Frosinone e Regionale CISL Lazio
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