Gli Invisibili in provincia di Latina
Paolo Patrizi – Nella provincia di Latina, una comunità di circa 30.000 indiani, per lo più sikh, lavorano come braccianti agricoli. Vivono ai margini di un sistema che emargina e li spinge in settori in cui cadono preda dello sfruttamento.
Questa popolazione “invisibile”, a cui sono stati negati i diritti umani fondamentali, sta crescendo e ha un impatto significativo su alcuni settori dell’economia. Sono sfruttati da rapporti di lavoro che hanno tutte le caratteristiche della schiavitù.
Molti di questi migranti sono anche vittime della tratta internazionale di esseri umani e del reclutamento illegale. Lavorano 14 ore al giorno, sette giorni alla settimana e sono pagati circa € 4,50 / ora. I pagamenti sono spesso ritardati di mesi e talvolta non vengono mai ricevuti. Violenza, percosse e incidenti sul lavoro non vengono quasi mai segnalati e coloro che cercano di reagire vengono facilmente licenziati.
Lo sfruttamento è una caratteristica permanente di gran parte dell’economia agricola in Italia. Vale la pena sottolineare che gli agricoltori che usano la manodopera dei migranti sono anche fornitori di mercati internazionali.
Le insalate, i pomodori e le zucchine raccolte dai contadini sikh vengono trasportate in uno dei più grandi mercati di ortaggi d’Europa a Fondi, una città della regione Lazio. Da lì, vengono venduti in tutta Italia ed esportati in altri paesi europei.
Lo sfruttamento dei lavoratori irregolari consente ai grandi proprietari di aziende agricole di aumentare i margini di profitto e costringere i loro concorrenti a uscire dal mercato, in particolare i piccoli agricoltori locali.
I lavoratori migranti stagionali vivono spesso in condizioni precarie. Spesso diventano bersaglio di xenofobia e attacchi violenti da parte della popolazione locale, che li accusa delle condizioni sanitarie dei loro insediamenti. Queste violazioni dei diritti umani sono della massima gravità, in particolare quelle che violano i diritti a un alloggio adeguato e a un lavoro dignitoso.
Durante il lockdown, nella campagna dell Agro Pontino, la produzione in serra e lo sfruttamento dei lavoratori migranti non si è mai fermato nel silenzio generale di un paese che ha deciso di non considerarli se non come braccia utili per produrre prodotti agricoli acquistati dagli italiani durante la pandemia. Il loro sfruttamento quotidiano e disumano, rappresenta il volto violento delle dinamiche economiche della globalizzazione neoliberalista che schiaccia i loro diritti.
Per il bene di questi lavoratori, non possiamo più affermare di essere scioccati. Dobbiamo agire per porre fine all’abuso.
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