Serena Galella

Arte trovata per caso

 C’è sempre un pubblico di tutte le estrazioni sociali, bambini, giovani, gente di ogni età.

Le risposte di Serena Galella alle domande di UNOeTRE.it

Serena Galella Perché l’Arte di strada?

«Primo perché, ce ne sono parecchi…
Ho sempre pensato che l’arte debba essere accessibile a tutti. In strada lo è. Il pubblico della strada è eterogeneo, di ogni estrazione sociale, può decidere liberamente di fermarsi a vedere lo spettacolo o proseguire. Diventa una scelta personale e si trasforma in partecipe.
L’artista che lavora in strada spesso coinvolge il pubblico e si rompe quella distanza che sovente è dovuta allo spazio fisico. A teatro si paga un biglietto, si è programmato di andare e si è scelto lo spettacolo. In strada la sorpresa è uno degli elementi cardine. Io mi fermo se sono attratto e resto se coinvolto emotivamente. L’artista di strada dona a prescindere, chi vuole può lasciare un’offerta o andare via. Il pubblico smette di essere passivo, spesso è direttamente coinvolto e parte dello spettacolo.
L’arte in strada è per tutti. Trasforma lo spazio che viene vissuto in modo differente dai cittadini che assistono.
E’ socialmente utile, mette insieme la gente dal vivo, con la presenza fisica dei loro corpi, cosa sempre più difficile.
Oggi a causa della pandemia siamo costretti a incontrarci virtualmente, ma prima? Le nostre piazze sono piene di stranieri, spesso gli unici a frequentarle perché noi italiani restiamo in casa davanti una tastiera… le rare volte che negli ultimi anni sono andata a Roma ed ho passeggiato ho notato che la strada non è più il luogo dell’incontro, almeno non per noi. Piazze dove vanno polacchi, luoghi di incontro di cittadini immigrati africani, strade dove a passeggiare vanno le famiglie rumene. Gli italiani escono solo per lo shopping… abbiamo perso il gusto dello stare insieme, completamente rimbambiti dai social che sono diventati l’unica piazza per troppi, con le conseguenze che sappiamo.
Specie ora è necessario l’incontro dal vivo.
Le persone che si fermano, stanno al gioco, si divertono e spesso riducono le distanze tra loro. Nel cerchio il pubblico si trova e si riconosce, spesso nascono amicizie (di certo tra i più piccoli).
Il valore sociale è evidente, specie se pensiamo a progetti speciali fatti da artisti che hanno sviluppato la capacità di mettere insieme le diverse realtà sociali intorno ad un progetto artistico e culturale, vedi l’ “Orquestra Criativa” di Alksandar Caric’ Zar in Portogallo.
I numeri dei partecipanti ai festival di teatro e musica in strada sono impressionanti, ma la cosa più impressionante è che in oltre 30 anni di attività non si sia mai registrato un atto violento o uno rissa, malgrado l’elevato numero di giovani che spesso finiscono la serata ubriachi.
Stare insieme in armonia è possibile.
L’artista di strada è indipendente. La gestione del suo lavoro è autonoma, necessita di una capacità di autogestione su diversi fronti, artistico, artigianale, organizzativo e disciplinare. Chi fa spettacolo in strada ha necessità di allenarsi, ha uno stile di vita sano, cura alimentazione, corpo e anima.
In poche parole, è una scelta di vita che ti permettere di vivere in modo umano, rispettoso della natura, ti consente di stare vicino ai tuoi figli, crescerli e non affidarli a nonni e baby sitter. Tra i numerosi bambini che ho conosciuto, i pargoli degli amici artisti sono i più autonomi, felici, sani e creativi.
Ci sono intere famiglie dedicate a questo genere artistico.
I valori di solidarietà, lo scambio delle conoscenze spontaneo, la generosità, l’operosità, il “fare” al posto del “comprare”, sono tra le caratteristiche di questo mondo.»

Quando nasce, come nasce, dove nasce?

«La nascita risale al medioevo con i trovatori occitani che portano poesia in tutta Europa. Più specificatamente in Italia si può parlare di Commedia dell’Arte che ha le sue origini a metà del ‘500, almeno al 1545 risale il primo contratto scritto, attori finanziati per girare e portare spettacoli in luoghi diversi. Gli attori si esibivano dopo aver concordato un canovaccio scritto e aperto all’improvvisazione, con regole precise. Da qui nasce l’espressione, comunemente usata di “prova all’italiana”. Il saltimbanco era un commediante che improvvisava una commedia con altri attori, spesso nelle fiere e feste, saltando sui banchi per farsi vedere.
L’arte di strada europea si sviluppa a seguito della rivolta giovanile del ’68. Diversa è la sua espansione in Europa e in Italia, dove le leggi del codice Rocco hanno di fatto impedito la crescita di questa forma di spettacolo. Il naturale appropriarsi delle piazze da parte dei giovani negli anni settanta ha fatto emergere compagnie teatrali importanti come il “Living Theatre”, che si esibiva in performance all’aperto, dei veri e propri happening di teatro poetico e politico, e dato a questa espressione artistica un’identità più moderna, ma in realtà l’arte di strada è sempre stata praticata e troviamo nei quadri di Goya dei trampolieri e girovaghi, nelle incisioni e tanti artisti hanno “fotografato” saltimbanchi in diverse epoche e fattezze.
Oggi, dopo anni di battaglie, siamo al punto di partenza.
La legge che hanno abrogato, la tristemente nota 121, ha lasciato un vuoto legislativo e dato la possibilità ai comuni di organizzarsi da soli, in modi diversi e spesso illogici.
Roma è stata la prima grande città che ha approvato una delibera per regolare questo tipo di esibizione in città, ma dopo 10 anni il sindaco innominabile (Alemanno) ha smantellato tre norme del regolamento e ha di fatto impedito nuovamente le esibizioni.
Oggi è tutto da rifare. Si continua, specie da noi, a trattare chi si esibisce in strada alla stregua di un mendicante, quando invece il mondo che gira intorno a questo tipo di arte ha creato oltre 200 festival e rassegne di tutto rispetto e con numeri di pubblico impressionanti. Ci sono intere pubblicazioni fatte con festival, artisti, compagnie, guide per gli addetti ai lavori, che dimostrano un’affluenza a tali iniziative oltre l’immaginabile.
La cosa più bella e interessante è che mai ci sia stato un scontro o un atto vandalico e violento, una moltitudine di gente felice che passeggia in armonia con i suoi simili, spostandosi da uno spettacolo all’altro, sorridente e soddisfatta.
Questo è il mondo che gira intorno all’arte di strada.»

Cosa spinge a diventare artista di strada?

«Io posso parlare per me. Avevo iniziato a fare teatro in provincia e smesso a seguito della perdita di mio padre. Mi mantenevo mentre finivo gli studi in Accademia. Quando ho ripreso mi ero trasferita a Roma e ho trovato casualmente dei corsi di teatro organizzati da una compagnia di trampolieri, l’Abraxa Teatro. Lavoravo a tempo pieno con loro e quando ero libera, la domenica, andavo ad esibirmi da sola a Piazza Navona, questo mi aiutava economicamente, perché i guadagni erano magri e contemporaneamente mi pagavo la formazione.
Mi ha spinto la sopravvivenza. Era l’unica forma di spettacolo che veniva finanziata liberamente dal pubblico presente e io riuscivo a mantenermi, non dovevo attendere il comune, la compagnia, il comitato, l’associazione… erano soldi che arrivavano subito. Un’altra delle cose è l’autonomia. La gestione autonoma, certo dettata dagli ingaggi, ma non solo. La giornata passa tra allenamenti, prove, studio di uno strumento, ufficio, corsi o lezioni, burocrazie varie se gestisci tu anche la parte legata al lato fiscale.
La vita dell’artista non è tutta divertimento come si crede, è fatta di sacrifici e amore.
E questa è la motivazione vera, l’amore per la vita, perché in strada c’è la vita. Tutte le arti posso convivere nella strada, dipende dall’accoglienza che viene riservata a quest’espressione artistica.
Una serie di coincidenze mi hanno spinta a essere un’artista di strada, perché ho sempre alimentato la bellezza attraverso l’arte, che fosse la musica, il teatro, la danza, la pittura e la strada mi ha permesso di mettere tutto insieme, rispettando la mia natura, naturalmente estroversa e allegra.
Il contatto diretto con il pubblico è uno scambio a doppio senso fatto di gesti, attenzioni e sorrisi e questo è impagabile.»

Che pubblico richiama l’arte di strada e con quale messaggio?

«Il pubblico nei grandi Festival è di tutte le estrazioni sociali, molti addetti ai lavori, bambini, giovani, gente di ogni età. L’arte di strada è molto amata dal pubblico, è la politica che non trova una soluzione a risolvere le problematiche di sempre. E’ anche vero che negli ultimi anni la situazione è esplosa e ora i numeri degli artisti che si esibiscono in strada è talmente elevato che solo a Milano il sito delle prenotazioni usato dal comune ha registrato 1600 richieste di prenotazioni su un’unica strada in un solo giorno.
In Italia non abbiamo idea delle produzioni straniere. La Francia ha produzioni con musica dal vivo, strutture scenografiche mobili e fantascientifiche, teatri gonfiabili dove vedi lo spettacolo sdraiato perché tutti agiscono in aria, orchestra compresa. Da noi non si è potuto sviluppare per via delle leggi del 1932 sulla pubblica sicurezza, leggi fatte da Mussolini e ancora vigenti fino all’abrogazione di una legge che multava gli artisti girovaghi e li inseriva tra vari mestieri ormai scomparsi. E’ questo che ha impedito lo sviluppo, oltre che la mancanza totale di investimenti statali sull’arte e men che meno su questo tipo di spettacolo. Anzi, hanno cercato e cercano di fermarlo in ogni modo.
Il teatro è cultura, in Italia pochissimi vanno a teatro, in strada si arriva a tutti. La vera cultura avviene anche negli spazi aperti dove non si scende a compromessi perché non assoggettati a dinamiche di mercificazione.
Questa la lezione che ci ha lasciato un attore e fondatore del Teatro Kismet di Bari, recentemente scomparso, Vittorio Cosentino, che ha portato i classici in strada.
“L’essenza del teatro è racchiusa in un mistero che si chiama momento presente. Con il teatro noi riusciamo a capire l’essenza del funzionamento del cervello umano. Questa è la magia dello spettacolo. I grandi autori ci fanno capire, in parte come funzioniamo”.
Non credo ci sia un unico messaggio…
“…l’arte di strada è un momento di vita collettiva autenticamente vissuta e non attraverso il filtro alienante dello schermo televisivo o di un computer. L’arte di strada, proprio perché mette in contatto gente che ha fatto scelte di vita diverse, persone e espressioni culturali di tutto il mondo, costituisce un ottimo antidoto contro la cultura del pregiudizio, del sospetto, della separazione.
Attraverso l’arte di strada si possono anche comunicare i valori di civile convivenza di un Paese, dove tali valori ci sono e sono forti, ma che, troppo spesso, sono oscurati dalla rappresentazione di manifestazioni di stupidità e violenza, che non nascono nemmeno da furore ideologico, ma dalla ricerca di un nemico qualsiasi da offendere, da colpire. L’arte di strada è una piazza, sono le strade di un centro storico o di un borgo antico affollate di persone che si muovono con serena euforia alla ricerca di uno spettacolo, ma anche di un’occasione di incontro e di conoscenza. L’arte di strada può legittimamente essere l’immagine di un’Italia non minoritaria, ma non adeguatamente mostrata, che non si sente rappresentata dai piazzali di guerra che circondano gli stadi, dove bande di giovani e meno giovani fanno scontrare fragorosamente il proprio vuoto interiore.”
Sante parole, scritte anni fa’ da Gigi Russo uno degli ideatori del festival musicale più famoso d’Italia, il Ferrara Buskers Festival».

 

Intervista di Tania Castelli a Serena Galella sui temi affrontati nel testo

 

Serena Galella scrive anche per CiesseMagazie per il quale cura la rubrica dell’arte

 

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BySerena Galella

Attrice, artista, giornalista, insegnante. Serena Galella vive a Sabaudia, è insegnante di Arte e Immagine nella Scuola Media. Si diploma nel 1987/88 al liceo Artistico “Anton Giulio Bragaglia” di Frosinone e all’Accademia di Belle Arti (scenografia). Attrice, nel 1982 è cofondatrice della compagnia “Gruppo Teatro Biberon”, recita anche per l’”Atelier Magique” di Frosinone. A Roma (1992), approda al Teatro di Strada collaborando con “Abraxa Teatro” e “Antidoto Lento” di Adrian Bandirali (Argentina), “Le Vedove Allegre”, “Tatamata Teatro”, Barnelli Bernd Witthüser, del famoso duo lanciato da Arbore “Otto e Barnelli” e altri.Nel 1994, con ill musicista serbo Aleksandar Caric’ fonda la compagnia “Tatamata Teatro di Serena e Zar”. Collaborano per circa 17 anni E’ tra i fondatori della FNAS (Federazione Nazionale dell’Arte di Strada) presso l’AGIS. Questo impegno nel 2007 le frutta il premio “Il Chiodo d’Oro” al il Festival “Mercantia” di Certaldo. Da sempre si è cimentata come solista in spettacoli di danza sui trampoli, Ha partecipato ad alcuni tra i più noti festival in Italia e all’estero. Ha un suo stile comunicativo.Di recente si diletta a scrivere una rubrica dedicata all'arte e agli artisti, partendo da esperienze vissute e incontri reali. È impegnata con il Movimento delle Sardine e collabora con il loro Magazine nella rubrica "Seren...dipità". Il giornale UNOeTRE.it, pubblica la sua rubrica "L'arte trovata per caso" e commenti su scuola e sulla società.

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