PCI CENTANNI. Raccolta
Dal Partito Comunista d’Italia di Livorno gennaio 1921 – Al Partito Comunista Italiano di Rimini gennaio 1991
di Donato Galeone*
Da 100 anni conosciamo che dal 15 al 21 gennaio 1921 nella città di Livorno i “compagni scissionisti” guidati da Amedeo Bordiga abbandonavano il Teatro Carlo Goldoni – sede del XVII Congresso del Partito Socialista Italiano – si riunivano nel vicino vecchio Teatro San Marco della stessa città e fondavano il Partito Comunista d’Italia.
Accoglievano, dopo una settimana di scontri e confronti, la sollecitazione della Internazionale Comunista, costituita nel 1917, con le scelte delle tesi perentorie deliberate dal Congresso di Mosca – nel mese di luglio 1920 – che prevedevano, innanzitutto, il “cambiamento del nome al partito e a ripudiare, come controrivoluzionari, tutti i compagni di lotta che credevano nel socialismo ma non nella rivoluzione”.
Condividere quelle scelte dettate da Mosca, tanto inaccettabili quanto estranee alla tradizione che caratterizzava il socialismo italiano significava, per l’Italia, il non consolidare ma bloccare le riforme sociali e del lavoro, mirate al cambiamento del Paese che ne aveva urgente bisogno sia per le attese occupazionali che per le tensioni sociali tanto nelle fabbriche quanto nelle campagne in sofferenza del dopoguerra 1915-18.
Mentre si doveva contrastare la presenza, violenta, dei Fasci di Combattimento verso una politica autoritaria totalizzante di destra, da Mosca arrivava, ai partiti comunisti, altra tassativa disposizione – scrive Luigi Troiani – di considerare i socialisti e popolari che aderivano al metodo democratico come i “rinnegati e nemici del popolo”.
Non casualmente ma ben mirata – dopo pochi mesi dalla la scissione del PSI e la costituzione del Partito Comunista d’Italia – veniva organizzata la “marcia di Mussolini su Roma”.
Ho sempre pensato che le condizioni proposte e provocatorie di Mosca – documentate e riscontrate nelle giornate livornesi di oltre metà gennaio 1921 se pur definite storicamente vivaci e ideologicamente precostituite tra compagni“riformisti e rivoluzionari” – risucchiavano secoli di pensieri e azioni congiunti tanto a criticità quanto a lotte dei lavoratori di tutte le razze e sfruttati in tutte le latitudini del mondo.
Da quel Congresso di Livorno, per l’Italia, non venne rilevata, neppure, un segno di solidarietà verso i lavoratori emarginati dai padroni nelle fabbriche e oppressi dai rapporti agrari di lavoro nelle campagne.
Sul Congresso socialista e la prevista scissione di Livorno anche per gli stessi padri fondatori del Partito Comunista d’Italia era voluta e attesa nella data del 21 gennaio 1921 conoscendo che – già il 19 gennaio – Amedeo Bordiga così dichiarava: “ noi ci sentiamo eredi di quell’insegnamento che venne da uomini al cui fianco abbiamo compiuto i primi passi (il PSI) e che oggi non sono più con noi. Noi se dovremo andarcene, vi porteremo via l’onore del vostro passato”.
E Antonio Gramsci pur con tre anni di ritardo scriveva testualmente e chiaramente sul giornale Ordine Nuovo, nel 1924, che “fummo, bisogna dirlo, travolti dagli avvenimenti, fummo senza volerlo, un aspetto della dissoluzione generale della società italiana…..avevamo una consolazione alla quale ci siamo tenacemente attaccati, che nessuno si salvava, che noi potevamo affermare di avere previsto matematicamente il cataclisma” (l’ascesa del fascismo).
Osservo, anche, che nel 1922 sembrava prendesse corpo l’ipotesi di un accordo politico tra i “popolari e socialisti”. Quell’accordo – forse – avrebbe fatto cambiare rotta alla storia italiana, così come la unità di azione sindacale tra la Confederazione Generale del Lavoro, guidata da Ludovico D’Aragona (socialista) – con le Leghe rosse – e la Confederazione Italiana del Lavoro, guidata da Achille Grandi (popolare) – con le Leghe bianche – avrebbe potuto bloccare l’avanzata del Sindacato fascista.
Volutamente intendo saltare, in quanto fuori tema, la clandestinità del Partito Comunista d’Italia e delle altre formazioni politiche e sociali, costretta dal ventennale dittatoriale fascista e la sofferta seconda guerra mondiale, fino a settembre 1943, con l’armistizio e la lotta di liberazione nel CLN del dopoguerra – dal 25 aprile 1945 – con il libero associazionismo di partito e le libere iniziative politiche territoriali della DC,PCI,PSI già nel maggio 1944 – con il “Patto di Roma” – quelle le tre correnti: democratica cristiana, comunista e socialista ricostruivano il Sindacato dei lavoratori nella CGIL, mentre si organizzavano sia il “referendum monarchia o repubblica” che la elezione parlamentare assembleare per la elaborazione e approvazione della nuova Costituzione italiana.
Come richiamato storicamente anche da Alessandro Mazzoli, partendo dal 1926, il Partito Comunista d’Italia tra marxisti e leninisti ebbe una storia “complessa e travagliata” quale sezione della Internazionale Comunista negli anni venti e trenta e fino al ritorno alla legalità, nel 1943, allorquando, cambiò nome in Partito Comunista Italiano (PCI) rivendicando una propria autonomia nazionale, mentre nel Partito Socialista Italiano (PSI) si riconoscevano i socialisti democratici ed i socialisti massimalisti, rivoluzionari liberali e di terza via che alle elezioni politiche del 18 aprile 1948, per il Parlamento della Repubblica, costituirono insieme un “Fronte Popolare”. Quell’intesa politica frontista tra PCI-PSI veniva rotta, nel 1956, dopo i fatti di Ungheria pur osservando che quel PCI del 1945, con Togliatti, proponeva di volere seguire la via italiana democratica per il comunismo ed a fine secolo scorso, con Berlinguer, i comunisti italiani miravano verso l’eurocomunismo.
Ma anche in presenza del progetto Corbasciov che collassò con l’Unione Sovietica e poi con la caduta del Muro di Berlino, nel 1989, lo stesso Occhetto dirigente comunista – confrontandosi a Bruxelles con dirigenti socialisti – affermava che non poteva aderire alla cultura del socialismo europeo perché, per lui e per tanti altri comunisti, soltanto un impegnato e straordinario Congresso del PCI doveva cambiare il suo storico nome.
A Rimini l’ultimo Congresso del PCI si apriva il 31 gennaio 1991 e la mozione congressuale di Achille Occhetto risultava vincente: nasceva il Partito Democratico della Sinistra(PDS).
Concludo questa mia riflessione sui 70 anni del Partito Comunista Italiano (PCI) e da approfondire sia nei contenuti politici e sociali proposti negli anni che nei rapporti con le Organizzazioni sindacali dei lavoratori.
Roma, 10 aprile 2021
Una inevitabile riflessione di Donato Galeone. Integrale
A margine delle mie riflessioni sui 70 anni del PCI mi sono riproposto due domande – spesso – ripetute e ascoltate da tantissime persone, ancora di più, in questi ultimi 30 anni:
perché il nostro Paese che ha inventato il fascismo sia come ideologia che come pratica di Governo e al tempo stesso ha prodotto il più vasto e autorevole Partito Comunista europeo?
perché l’Italia presenta la più ampia area di populismo elettorale tra le democrazie occidentali con le contraddizioni aggiuntive che si esprimono sia nelle compagni di Governo che nelle opposizioni?
Mi appare probabile e possibile il richiamo a quanto ho voluto ricercare: dai comportamenti politici veri e storicamente che avvengono e che viviamo anche nella indifferenza tra giovani e meno giovani.
E’ nei fatti che il 15 dicembre 1991 – dopo 70 anni dalla storica scissione di Livorno – confluivano dal PCI in Rifondazione Comunista le correnti comunismo, eurocomunismo, socialismo verde, socialismo democratico, socialismo del XXI secolo e altre componenti auto definite di sinistra.
Nel 1995 la Rifondazione Comunista si scinde per dare vita al MCU (Movimento Comunista Unitario) che il 14 febbraio 1998 sarà tra i cofondatori dei Democratici di Sinistra (DS).
Nel 2007, ancora, da Rifondazione Comunista nasce Sinistra Critica e nello stesso anno anche il Partito Democratico (PD) costituito da un ramo dei Democratici di Sinistra (DS) che si unisce in matrimonio con la cosiddetta “Margherita”(componenti cristiani democratici, cattolici democratici, cristianesimo sociale).
Osservo, quindi, con notevole disagio, che nel decennio, dal 2008 al 2019, le nascite e le scissioni si possono contare oltre le cinque dita della mano considerando che nel 2008 dalla fusione di 4 partiti nasce “Sinistra Arcobaleno” da rifondazione comunista, comunisti italiani, federazione dei verdi e sinistra democratica); nel 2009 SEL – Socialismo ed Ecologismo fondato dalla confluenza del partito socialista italiano (2007), movimento per la sinistra, sinistra democratica e federazione dei verdi; avviene la prima scissione nel PD il 31 ottobre 2009 con Rutelli e la nascita di “Alleanza per l’Italia”; nel 2012, fallita la trattativa con il centrosinistra viene lanciato un cartello elettorale “Rivoluzione Civile” al quale aderiscono Italia dei Valori, comunisti italiani, movimento arancione, nuovo partito di azione; la seconda scissione nel PD il 2015 con la nascita, di un partito e un gruppo parlamentare che Giuseppe Civtati si definisce “Possibile”; il febbraio 2017 si presenta più scissionista: a Rimini si svolge il Congresso fondativo di “Sinistra Italiana (SI) e con la terza uscita dal PD, promossa da Bersani ed altri, nascono il “Movimento Democratico Progressista (Mdp) e LeU”; nel 2019, il 6 a Bologna si svolge il primo Congresso nazionale di Articolo 1-MDP” – ribattezzato “Articolo Uno” – e il 16 settembre stesso anno, Matteo Renzi lascia il PD e costituisce “Italia Viva”.
*Donato Galeone, sindacalista della Cisl. Già Segretario generale della Cisl Frusinate e di quella regionale del Lazio
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