DISCUTERE LA CRISI. VOTO 2022
Riportare a votare gli astenuti per cambiare gli esiti del voto che i sondaggi ipotizzano. Valorizzare il dettato costituzionale
di Ermisio Mazzocchi
Si avviano a conclusione le formazioni delle alleanze e lo schieramento dei singoli partiti.
Non c’è dubbio che il partito che si è dovuto impegnare con determinazione per costruire un fronte ampio di forze democratiche e progressiste è stato il PD.
Un lavoro faticoso con molte resistenze e ostacoli, che non ha dato gli esiti sperati.
Sull’obiettivo di unire quante più forze possibile per battere la destra populista e sovranista ha pesato la difficoltà ad avere piena consapevolezza di quello che dovrebbe essere una coalizione di centrosinistra e di quello che è e che rappresenta l’avversario politico di destra.
Una condizione che non ha una origine contingente ma ha radici profonde.
La composizione di alleanza e la sua coesione non dovrebbero esse circoscritte a una responsabilità di governo.
Esse si sarebbero dovute estendere e solidificarsi nel vivo della società e calarsi nella realtà dei drammi che riguardano soprattutto il lavoro e i diritti.
I risultati delle amministrative avrebbero dovuto incoraggiare a scelte più decise e a rinsaldare possibili alleanza sul territorio.
La mancanza di una politica inclusiva ha causato oscillazioni e tentennamenti da parte di chi avrebbe dovuto avere una maggiore responsabilità e questo ha prodotto ritardi e conflittualità riscontrabili nei comportamenti di Calenda la cui azione a dire poco è risultata instabile e inaffidabile.
Lo schieramento di forze che include, oltre a PD, PSI, Art.1, +Europa, Impegno Civico (Di Maio), anche Verdi e Sinistra Italiana, consente di posizionarsi su un fronte progressista tale da favorire l’adesione di parti della società interessate ad avere maggiori garanzie sull’affidabilità delle loro proposte.
Si sarebbe potuto fare di più.
Le alleanze, soprattutto alla vigilia di una campagna elettorale, sono il risultato di mediazioni e di scelta di collocazioni.
Il PD, pur nel suo tentativo di realizzare un terreno comune, non ha però, a mio parere, raggiunto il suo obiettivo, poiché si è preclusa, a causa di preconcetti e giudizi trancianti, la possibilità di uno spazio di azione più ampio e la formazione di una coalizione più larga.
Non si può ricorrere a ostracismi né porre veti nei riguardi di 5S sulla base di valutazioni contingenti in riferimento alla caduta del governo Draghi, quasi a punire un peccato originale commesso in spregio delle leggi democratiche.
Sarebbe stato più opportuno trovare intese elettorali, le più estese possibili, considerando prioritaria la necessità di vincere la competizione elettorale,
Non è sufficiente e risulta sviante l’affermazione di Boccia riferita a 5S “si possono fare elezioni politiche su binari paralleli” (Corsera 9 agosto), che non trova credibilità nella campagna elettorale e richiederebbe un chiarimento su cosa vuole dire “binari paralleli”.
Sarebbe stato più proficuo concordare “convergenze parallele” che avrebbero potuto dare più consistenza alla alleanza “tecnica” operata da Letta.
Si delinea sempre più in modo chiaro una competizione su questioni di fondo che riguardano valori, idee e diritti in una cornice di fattori essenziali come il lavoro e la lotta alle disuguaglianze.
Si andranno sempre più definendo i confini del confronto elettorale tra le forze progressiste e quelle populiste e orbaniste.
Il PD è il riferimento per la costituzione di un fronte ampio di forze non necessariamente componenti di una alleanza “tecnica”.
In ragione di tale fine esso dovrebbe farsi promotore di un “Cartello dei fondamenti della Costituzione”.
Questo dovrebbe avere una piattaforma comune, condivisa da quanti hanno come obiettivo la difesa della Repubblica e della sua Costituzione contro i pericoli reazionari della destra.
Una necessità per battere la politica più pericolosa della destra italiana, la quale, a detta della Meloni e sostenuta dai suoi alleati, vorrebbe riformare la Costituzione per sancire il primato del diritto nazionale su quello europeo, così come ha fatto il presidente polacco Andrzej Duda.
Un pericolo reale e concreto se si tiene conto che la Meloni nel 2018 presentò alla Camera un disegno di legge che prevedeva la cancellazione dalla Costituzione degli articoli 97/117/119 che riguardano proprio l’Unione Europea.
Una maggioranza della destra di due terzi del parlamento consentirebbe di approvare tale riforma senza ricorrere al referendum costituzionale il che comporterebbe uno scontro con gli organismi europei e gravi conseguenze.
Basterebbe questo scenario a favorire una comune bussola di orientamento a salvaguardia della Costituzione e dei valori democratici europei.
Se si potesse ottenere questo risultato, esso dovrebbe essere collocato in una competizione elettorale decisamente incentrata per il PD e i suoi alleati sui contenuti del lavoro, dei salari decenti, di una scuola pubblica di qualità, di un ambiente sostenibile, dei diritti civili e di una sanità pubblica davvero per tutti.
E’ una partita aperta in cui è essenziale rispondere ai bisogni dei cittadini e dare sicurezza e certezza per il loro futuro.
Lo stesso astensionismo, che incombe pesantemente su queste elezioni parlamentari, potrà essere se non sconfitto, quanto meno ridimensionato, se le forze della sinistra, quelle del progresso e quelle a difesa della democrazia sapranno parlare al paese per una sua rinascita riformista e innovativa.
La destra, apparentemente compatta, può essere sconfitta se il fronte che le si oppone avrà la capacità di confluire su un messaggio di alternativa al populismo e alle derive sovraniste e garantire una prospettiva di cambiamento nell’alveo della democrazia.
Verso le Elezioni politiche del 25 settembre. 10 agosto 2022
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