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Bambini chiedono la pace 390 min

 PER UNA CONFERENZA DI PACE

Se Biden fosse avveduto dovrebbe incamminarsi in questa direzione 

di Aldo Pirone
Bambini chiedono la pace 390 minLa guerra in Ucraina in questi ultimi giorni ha subìto una scossa dovuta a una certa controffensiva degli ucraini nel nord est occupato dai russi. Comunque la si giudichi nel merito militare essa dà luogo a un certo riequilibrio tra le forze in campo. Quali sviluppi avrà non è dato sapere, almeno a me che non sono un esperto di strategie belliche. Non so se andrà avanti fino alla “vittoria”, cioè al respingimento delle truppe russe oltre i confini ucraini, come dice Zelensky, oppure tra un po’ subirà la contro controffensiva dei russi. Una cosa appare abbastanza certa: Putin non si lascerà umiliare da una vittoria sul campo da parte ucraina. Se lo si stringe all’angolo c’è il fondato timore di un’escalation nucleare o di qualche altro avvenimento interno alla nomenklatura russa che potrebbe essere peggiore, se possibile, della dirigenza attuale.

Biden non ha trovato di meglio che lanciare avvertimenti bellici sia a Putin – non usi armi nucleari o chimiche – che ai cinesi se invaderanno Taiwan.

Ma non sarebbe proprio questo il momento, da parte dell’Europa e degli Stati Uniti, di avanzare una proposta di cessate il fuoco per avviare un processo di pace fra tutti i contendenti – quelli in prima linea e quelli a supporto degli uni e degli altri – invece di lanciare solo messaggi belligeranti?

La guerra di aggressione di Putin ha reso evidenti in questi mesi alcune cose.

L’Europa non ha gli stessi interessi degli Usa nei confronti della Russia, se non altro per ragioni geografiche. Più degli americani è vitalmente interessata a che la guerra cessi al più presto e si addivenga nel vecchio continente ad una nuova Conferenza sulla sicurezza che, sotto l’egida dell’Onu, metta fine a tutti i contrasti sorti negli ultimi tre decenni dopo l’implosione del comunismo ad est. La guerra, con i suoi pesanti risvolti economici e sociali, sta spostando verso la destra sovranista nazionalistica e xenofoba, i paesi europei. Gli Stati Uniti debbono essere della partita trattativa, come nel 1975, se non altro perché sono il pilastro fondamentale della Nato, ne hanno promosso l’espansione scriteriata a est e perché sono i fornitori principali di quelle armi sofisticate che hanno consentito agli ucraini di fare la loro controffensiva. L’Europa “moderata”, cioè quella occidentale, deve far valere la sua posizione su quella “immoderata” dei paesi dell’est appartenenti all’ex predominio russo-sovietico e tradurla in una proposta positiva e non solo limitarsi al sostegno all’Ucraina. Come, ancora pochi giorni fa, ha continuato a fare la von der Leyen nel suo discorso sullo stato dell’Unione europea. In questo senso anche i comprensibili ma irrealistici obiettivi militari di Zelensky vanno ricompresi in un ambito in cui a primeggiare sia la volontà di giungere alla pace. Certo, fondata sul diritto internazionale e sulla giustizia, ma alla pace.

La guerra, però, ha anche una valenza globale. Essa mostra la necessità impellente di un’altra Conferenza internazionale più estesa e globale, sempre sotto l’egida dell’Onu, che dia nuove regole alla convivenza e cooperazione pacifica fra potenze grandi – vedi i contrasti di varia natura fra Cina e Usa riattualizzati dalla crisi di Taiwan – medie (India e altri) e piccole, ispirate alla realtà odierna del multilateralismo del mondo. Il vertice di Samarcanda che ha riunito, pur nei loro contrasti, 21 stati, compresi gli osservatori, (Cina, India, Pakistan, Russia, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Uzbekistan, Afghanistan, Bielorussia, Iran, Mongolia, Armenia, Azerbaigian, Cambogia, Nepal, Sri Lanka, Turchia, Arabia Saudita, Bahrein, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Maldive, Myanmar e Qatar) rappresentativi del 41% della popolazione e del 24% della ricchezza mondiali, è stato un evento che ha messo in evidenza questa multipolarità e la richiesta agli Usa di prenderne atto.

L’OCS (Organizzazione della cooperazione di Shangai) – dicono i partecipanti che hanno firmato ben 40 accordi prevalentemente di natura commerciale e di cooperazione economica – si basa sull’uguaglianza sovrana degli Stati e sul multilateralismo non esclusivo. Respinge, dunque, le mire egemoniche degli Stati Uniti ed il loro disegno di un mondo unilaterale, ma non rifiuta aprioristicamente la cooperazione con Washington o con gli altri Paesi occidentali. L’OCS promuove la cooperazione reciprocamente vantaggiosa, non vuole imporre una competizione tra blocchi, ma respinge risolutamente ogni forma di diplomazia coercitiva promossa dagli USA, ad iniziare dalla politica delle sanzioni.

Biden ha in questo momento un’occasione unica: avanzare una proposta di pace e sicurezza globale, sapendo che dall’altra parte, la Cina, non ci sono orecchie insensibili. Certo, questo presuppone l’abbandono dell’illusione americana della supremazia mondiale, rinnovatasi con la sconfitta dell’Urss e del comunismo. Cioè, una revisione radicale della propria politica estera.

Saprà farlo? Oppure penserà di sfruttare, tra le altre cose, sul piano elettorale di mid term il riflesso condizionato degli americani a stringersi intorno al comandante in capo in questi tempi così turbolenti attraversati dai venti di guerra, anche se lo vedono un po’ traballante sulle gambe?

Se fosse avveduto dovrebbe incamminarsi decisamente sulla prima strada, quella della trattativa e della pace.

Forse ne avrebbe qualche giovamento anche nelle elezioni di novembre.

 

malacoda 75

Aldo Pirone, redattore di malacoda.it

 

 

 

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Aldo Pirone

ByAldo Pirone

Aldo Pirone. Giornalista. Vive a Roma. Redattore di Malacoda

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