OPINIONI
Siamo giunti al redde rationem
di Ivano Alteri
Con questo mio intervento intendo partecipare e dare il mio contributo alla discussione avviata dal circolo di Rifondazione Comunista di Ceccano, con il suo interessante documento a firma di Luigi Mingarelli e Gino De Matteo, sulla condizione e sulla prospettiva della sinistra ciociara e non solo. Non riprenderò ogni punto da loro toccato, per i quali rinvio alla lettura dell’articolo, ma come loro penso che la domanda di fondo, a cui dare risposta chiara e netta e da cui far partire ogni altra considerazione, sia esattamente “da che parte stare?”. Ma, subito dopo, occorre anche chiedersi “come starci?”.
Il partito che ha tentato di mettere insieme gli eredi del Pci e quelli del cattolicesimo popolare democristiano, il Pd, a quella prima domanda ha risposto collocandosi sorprendentemente e proditoriamente in un alveo che potremmo definire, come effettivamente fanno Mingarelli e De Matteo, ultraliberista. Personalmente, considero questa collocazione del tutto estranea alle due tradizioni culturali e politiche, anche a quella democristiana. Ma così è.
Per di più, quel partito ha assunto una posizione strategico-organizzativa riassumibile nella famigerata formula “vocazione maggioritaria”, ossia la pretesa di rappresentare da sé l’intera gamma delle sensibilità presenti nell’area di centrosinistra. Tale “vocazione” ha avuto effetti devastanti su tutti i soggetti che nel centrosinistra si collocano, compreso il Pd, ma soprattutto su quelle fasce sociali che l’area avrebbe dovuto rappresentare e difendere, e che ha lasciato invece politicamente inermi e ridotte alla fame, in molti casi letteralmente.
D’altra parte, i partiti cosiddetti minori dell’area, la stessa Rifondazione Comunista, gli altri partiti che si richiamano al comunismo, i fuoriusciti dal Pd, il Psi, i verdi e le innumerevoli e sparse anime in pena, pur avendo mantenuto in qualche modo la coerenza con la propria collocazione culturale originaria, non hanno trovato il modo e la forza di reagire a tale impostazione, venendo così vieppiù ridotti prima alla marginalità politica e poi a quella elettorale ed organizzativa. È a loro che spetta la ricostruzione della sinistra.
Ciò non vuol dire, ovviamente, ignorare o fare a meno del Pd nella ricostruzione del centrosinistra. Vuol dire, invece, prendere atto che il Pd, legittimamente, non vuole essere un partito di sinistra, ma che con esso è necessario dialogare e collaborare in un’ampia, chiara e definita ricerca di alleanze a tutti i livelli, curando prioritariamente di mettere fuori dalla storia, col protagonismo fattivo di tutti gli altri, la sua vocazione maggioritaria.
Ora, dunque, anche a seguito della recente e bruciante sconfitta elettorale, ci siamo resi finalmente conto di essere giunti al redde rationem, alla presa di coscienza che la sinistra e i suoi valori fondanti sono drammaticamente a rischio di estinzione e occorre muoversi con urgenza e determinazione. Quindi, ora che tutto è o pare perduto, com’è il caso di ripetere citando Gramsci, non resta che rimettersi all’opera e ricominciare dall’inizio.
Ma qual è l’inizio?
L’inizio, a mio parere, può essere uno solo: la ricostruzione dell’antica e grande casa di famiglia, la Casa Socialista, nata centotrenta anni fa, per ripristinare e ridefinire la prospettiva del Socialismo nel XXI secolo. È mio auspicio, perciò, che il Partito Socialista Italiano prosegua con ancora maggiore determinazione nella direzione intrapresa anche in occasione delle ultime elezioni amministrative a Frosinone, assumendo su di sé l’onere e l’onore di guidare il cammino verso la costruzione di una nuova sinistra socialista dalle radici antiche, e di un nuovo centrosinistra che abbia la netta vocazione a stare dalla parte del Lavoro, della Natura, dei diritti sociali e civili, dei precari, delle donne, degli anziani ridotti a scarto e dei giovani derubati del proprio futuro.
Frosinone 23 ottobre 2022
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