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Quale destra si dovrebbe sconfiggere? Bel quesito

bandiere rifondazione 360 260

OPINIONI E ANALISI

In risposta all’intervento di Ignazio Mazzoli

Luigi De Matteo*
bandiere rifondazione 360 260Il titolo dell’articolo a firma di Ignazio Mazzoli editore e direttore di Unoetre.it nonché acuto commentatore politico, è forte. Non tanto per la sua perentorietà quanto per il richiamo ad un obbligo morale che rischia di troncare sul nascere ogni possibile confronto in tema di scelte ed impegni che vanno al di là della sfera personale di noi tutti, anche delle “persone perbene e con valori”. L’attuale contingenza dovrebbe invitare a predisporsi al ragionamento condiviso e senza ricorrere a fuorvianti scorciatoie. C’è da affrontare argomenti che trattano questioni e temi ampi, come ampi e complessi sono i temi ed i problemi che incidono sulle condizioni di vita e la speranza in un futuro migliore di una moltitudine di persone e famiglie soprattutto nelle nostre terre. Temi assenti nell’agenda politica dei partiti progressisti.

Che non sia dozzinale retorica, quest’ultima affermazione, lo conferma lo stesso direttore Mazzoli allorquando cita Paolo Maddalena, ex vicepresidente della Corte costituzionale della Repubblica italiana, da Il sogno di Carlo Calenda, per descrivere la situazione economica e sociale globale in cui ci ritroviamo.
Allora è di questo e di sicuro di tant’altro dello stesso spessore analitico che si dovrebbe discutere quando discutiamo di scelte elettorali oggi.

Non è affatto banale affermare che se a sinistra dello schieramento politico nazionale non c’è unità è perché non c’è unità di intenti … a sinistra.
Il Pci, il grande partito comunista che fu di Gramsci e Togliatti non c’è più da tempo; e con la liquidazione del nome e del simbolo, bandiera rossa falce e martello inclusa, la nuova formazione ha liquidato buona parte di quella pratica politica.
Lo stesso direttore Mazzoli lo ribadisce, con la sua più che lodabile onestà intellettuale, quando descrive il quadro della metamorfosi politica della modernizzata formazione politica, il Pd per chiarezza, oramai scivolato su «una deriva che ha [l’ha] visto … acconciarsi alla precarizzazione del mercato del lavoro, alle politiche di impoverimento della scuola e della sanità pubblica, all’abbandono delle politiche sociali, alle logiche di una sussidiarietà senza regole, alla riduzione della progressività dei sistemi fiscali, alla ripresa delle politiche di consumo del territorio, di privatizzazione delle risorse pubbliche fondamentali come l’acqua, al ritrarsi dello Stato a un ruolo sempre più limitato e debole».

E sono solo alcuni dei punti nodali di una strategia che ha poi accentuato nel tempo la “diaspora” di militanti e di consensi. Se non se ne tiene conto non si riesce a spiegare l’esistenza di Rifondazione Comunista e della flottiglia di piccole e medie formazioni politiche che ancora popolano l’area della sinistra nostrana. Vero è che la crisi della politica, la caduta di credibilità dei partiti, di tutti i partiti, ha ragioni ben più vaste che i mutamenti strategici di questo o quel partito. Neppure di tutto questo pare che si abbia voglia di discutere.
Intanto sarebbe il caso di mettersi l’animo in pace ed accettare che l’abuso della retorica del “voto utile per sconfiggere la destra” serve solo ad evitare il confronto sulla necessità di pensare ed agire per contrastare gli sviluppi tragici che si prospettano. Mentre i ricchi, uno sparuto gruppo di superricchi, incrementano i profitti, cresce il numero, con un tasso di crescita mai così alto nella storia del pianeta, dei ceti sociali che scivolano verso la povertà più nera. Ed evitiamo per necessità di sintesi di aggiungere riflessioni, ben note a chi legge, sulla situazione tragica, al limite della irreversibilità negativa in cui versa lo stato di salute dell’ecosistema planetario.

I tromboni della globalizzazione ora appaiono preoccupati, bontà loro, dei danni che da possano essere provocati al pianeta e soprattutto alla pace sociale, per anni garantita dai governi, nei paesi a sviluppo industriale avanzato come il nostro.
Aumentano con la povertà uomini e donne di ogni ordine e ceto che cominciano a pensare che in questo modo in questo mondo non si può più vivere. Il non voto insieme al voto a destra appare per quello che è: l’iniziale forma di protesta di una moltitudine che lungi dall’essere pavido gregge tende a diventare moltitudine desiderante un altro modo di vivere … avendone tutte le ragioni.

A fronte di questo stato di cose qual è la proposta dello schieramento progressista parlamentare? Niente di più che il dovere dell’unità delle forze progressiste di sconfiggere le destre alle prossime elezioni.
Cedendo alla tentazione maggioritaria, l’aver riportato in vita, dalle ceneri del vecchio e glorioso PCI la Balena Bianca.2, fino a cadere nelle pastoie del Campo Largo, non serve. Lo conferma il crollo dei consensi elettorali. Di Balena Bianca il popolo elettore ne ha le tasche piene e sceglie di votare come vota, quando arriva a recarsi nei seggi elettorali.
Il PD continua a provare e riprovare a tirar fuori dal cilindro il coniglio del pericolo della destra. Non è credibile; no a noi che “discettiamo di politica” ma alla gran massa degli elettori.

E l’Autore, assertore convinto dell’unità, insiste e sostiene, a conclusione del suo ragionamento, che le forze progressiste, visto che non può chiamarle più di sinistra dopo quanto ha scritto, hanno il dovere di unirsi per battere la destra.
Quale destra dovrebbero sconfiggere? Quella che attualmente è al governo dell’Italia o insieme ad essa quella che fino ad ieri ha governato ed oggi aspira a governare per proseguire sulla strada tracciata dai precedenti governi che ha appoggiato o a cui ha preso parte, Draghi incluso?

Ora la sinistra è obbligata dai fatti ad uscire dal seminterrato della Storia in cui hanno provato a cacciarla per dare voce ai senza voce, agli ultimi – Gramsci –, e rilanciare le proteste che le crisi, guerra in Europa compresa, stanno crescendo nei quartieri popolari, nelle città, nei comitati di lotta contro la privatizzazione dell’acqua, contro il carovita, contro la speculazione edilizia ed il tentativo in atto di espandere il saccheggio del territorio, vedi Zingaretti e la sua proposta di riparametrazione del Sin.

È vero «nessuna formazione politica da sola può raggiungere risultati di equità e giustizia sociale» e chi scrive ne è profondamento convinto. Senza il protagonismo dei lavoratori, delle donne, degli anziani e dei giovani a rischio, tutti, di esclusione sociale non c’è possibilità di progresso alcuno. Ed è soprattutto questo che ci differenzia e ci separa da chi pensa e pratica la politica come occupazione di seggi consiliari e/o di qualche ente del sottobosco della “politica che decide”.

Ai progressisti chiediamo di unirsi a noi che stiamo provando a ricucire le fila di una opposizione politica, in ogni istanza parlamentare, regionale e nazionale, che insieme al contrasto di ogni misura tendente a favorire la classi abbienti si preoccupi di sollecitare la partecipazione ed il protagonismo degli ultimi, dei cittadini attivi, al governo dei beni comuni, alla difesa del territorio, per la Acqua pubblica, alla riorganizzazione del Sistema sanitario locale e regionale. Sono solo alcune delle proposte presenti nel programma di Unione Popolare.

 

*Luigi De Matteo, Rifondazione Comunista, Circolo di Ceccano

 

 

 

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