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Le radici preferisce edulcorarle per nasconderle


di Aldo Pirone

L'annuncio dell'attentato nel maggio 1974
L’Edizione straordinaria di BresciaOggi del 28 maggio 1974

Ieri era l’anniversario della strage fascista di Brescia fatta nel 1974 durante una manifestazione sindacale in piazza della Loggia a Brescia. Otto morti e 102 feriti all’indomani della vittoria epocale delle forze democratiche e laiche contro la Dc di Fanfani e il Msi di Almirante nel referendum sul divorzio.

Quell’atto terroristico fece parte della cosiddetta “strategia della tensione”  messa in atto da un miscuglio di forze conservatrici e antidemocratiche con collegamenti ideatori e dirigenti negli ambienti militari e dei servizi segreti domestici e della Nato rivolto a sbarrare il passo all’avanzamento democratico del paese allora in pieno corso di lotte e di conquiste significative sul terreno sociale e civile e che ebbe nel Pci un motore essenziale.

Il terrorismo di marca fascista e missina fu ampiamente utilizzato per questo scopo infame e antidemocratico.

Per ricostruire dettagliatamente quel periodo e il ruolo svolto dai neofascisti bisogno leggersi l’ultimo libro di Miguel Gotor “Generazione Settanta. Storia del decennio più lungo del secolo breve 1966-1982”. La “strategia della tensione” fu delineata in un convegno all’hotel “Parco dei Principi” ispirato dal capo di stato maggiore della Difesa Giuseppe Aloia che ne affidò la concreta direzione al colonnello Adriano Magi Braschi.

Parteciparono, tra gli altri, i fascisti Pino Rauti, Giorgio Pisanò, Giano Accame, Fausto Gianfranceschi, l’ex ufficiale delle SS italiane Pio Filippani Ronconi e una ventina di esponenti di Avanguardia nazionale tra cui Mario Merlino, Paolo Molin e Carlo Maria Maggi condannato definitivamente all’ergastolo nel 2017 proprio per “la strage di Brescia”.

L’idea iniziale era quella di organizzare un’infiltrazione costante negli ambienti della sinistra su cui riversare la responsabilità di attentati poi divenuti stragi di civili inermi interpuntate dall’assassinio di magistrati da parte dei Nar (Vittorio Occorsio nel ’76 ammazzato da Pierluigi Concutelli e Mario Amato nell’ ’80  da Luigi Ciavardini e Gilberto Cavallini) e di membri delle forze dell’ordine (strage di Peteano 1972).

Giorgia Meloni ha cercato fin qui di cancellare la memoria di tutto ciò e delle complicità missine. Ma i legami con quel mondo post fascista è impossibile reciderli nemmeno edulcorandoli fino a presentare la destra del Msi, contro ogni verità storica, come una forza della democrazia italiana. Essi rispuntano sempre, come è accaduto per l’elezione della Colosimo a Presidente della commissione antimafia il 24 maggio scorso proprio nel giorno dell’anniversario dell’assassinio di Giovanni Falcone, di sua moglie Francesca Morvillo e della strage politico-mafiosa della sua scorta.

La Colosimo, Giorgia Meloni l’ha voluta imporre con l’arroganza dell’underdog, nonostante il parere contrario delle numerose associazioni dei parenti delle vittime  dello stragismo fascista e mafioso in ragione delle sue frequentazioni con il terrorista fascista Massimo Ciavardini pluriomicida e condannato per la strage nera della stazione di Bologna dell’agosto 1980. 

Non si tratta solo di una foto, che mostra una certa allegra intimità fra Colosimo e Ciavardini, come mi è capitato di sentire dall’ineffabile professor Orsina cui consiglio vivamente la lettura del libro di Gotor, ma di legami che vanno oltre l’età delle persone – la Colosimo è nata nell’ ’86 la Meloni nel ”77 – che si trasmettono di generazione in generazione attraverso il corpo materiale del partito post fascista e delle sue radici  fino a quando non si avrà la forza di reciderle nettamente.

E questa forza, ammesso e non concesso che lo voglia, Giorgia Meloni non ce l’ha perchè è in quel milieu che è nata e politicamente cresciuta.

Le radici preferisce edulcorarle per nasconderle.

Sergio Mattarella e la Strage di Piazza della Loggia

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Aldo Pirone

ByAldo Pirone

Aldo Pirone. Giornalista. Vive a Roma. Redattore di Malacoda

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