Il trasformismo apparente dimostra quanto la politica ad Anagni sia autoreferenziale ed egoriferita
di Sinistra Italiana Anagni
TRASFORMISMO. Il passaggio dei consiglieri comunali di minoranza in maggioranza è frutto di una situazione complessa che vede il suo peccato originale nella composizione degli schieramenti per le elezioni comunali.
Schieramenti formatisi non attorno ad un’idea politica fortemente caratterizzante o un’ideologia in netto contrasto con le altre, ma schieramenti originatisi attorno alle persone, ai singoli. I programmi elettorali sostanzialmente si somigliano, spesso sono vuoti di significante, nella maggior parte dei casi non sono l’elemento trainante.
Si toccano temi in modo generico senza indicare la strada “politica” da perseguire. Così ecco che quando un consigliere di destra entra in una maggioranza di destra, la cosa sembra non toccare minimamente l’opinione pubblica. Perché in fondo sembra la cosa più logica da fare. Insomma, cosa c’è di male?
Cardinali e Versi, si candidano in SiAmo Anagni, un gruppo autodefinitosi civico (apartitico). Di fatto i transumanti hanno sempre militato a destra, appartengono a un partito di destra e si trovano sicuramente a loro agio ad agire in un contesto di maggioranza di destra. Infatti, in un battito di ciglia, saltano in maggioranza senza farsi scrupoli.
Le operazioni di trasformismo apparente in corso dimostrano ancora una volta quanto la politica ad Anagni sia autoreferenziale ed egoriferita. Il vantaggio di non caratterizzarsi in modo preciso durante la tornata elettorale è quello di non dover rendere conto a nessuno (e immagazzinare consenso). Così risulta più facile esercitare il trasformismo, che se da una parte insegue la volatilità elettorale e l’idea secondo cui le ideologie sono superate, dall’altra è “confortante” perché rappresenta la conservazione del sistema politico anagnino.
Trasformismo fa rima con astensionismo
Ci si auspica che da ogni possibile cambio degli equilibri d’aula scaturisca una riflessione condivisa da tutte le forze politiche. In una situazione di buon senso un transito così rilevante, infatti, non solo in termini di posizionamento singolo ma anche di adesione al programma politico della coalizione di governo, non è immaginabile che avvenga, perché esso investe l’asse dei rapporti politici e delle rappresentanze, incidendo di fatto sulla sovranità della volontà popolare (pur nella consapevolezza dell’assenza di qualsiasi vincolo di mandato per l’eletto).
Ad Anagni, come già asserito, quel buon senso è superato da una parte dall’omologazione dei programmi, dall’inattività di alcuni partiti tra un’elezione e l’altra, e dalla composizione degli schieramenti svuotati da ideologie precise e radicalizzanti, composti da persone che vengono dalle più disparate appartenenze politiche, foriere spesso di interessi limitati al contesto di provenienza in nome di un civismo dal sapore fortemente populista.
Questo modus operandi spiega perché da tempo si registra una forte disaffezione alla politica: un cane che si morde la coda. Quando le persone si disinteressano alla politica, certa politica si disinteressa ai cittadini. Torna, dunque, ad essere autoreferenziale e trasformista.
Nessuno nel post elezioni si è interrogato sul dato dell’astensione. In una situazione in cui l’astensione non smette di crescere, la democrazia si trasforma, di fatto, in un’oligarchia sempre più ristretta. Un paradigma che va ribaltato, nel rispetto della politica con la p maiuscola. Quella per i cittadini. Quella che deve riappropriarsi della discussione politica su temi fondanti. Il nostro, più che un auspicio, è un appello.
Trasformismo fa rima con astensionismo
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