Una politica dei redditi per superare i bassi salari e le poverta’ crescenti
di Donato Galeone*
SALARI BASSI E POVERTA’. Abbiamo più volte letto quanto e come la Banca Mondiale, il FMI (Fondo Monetario Internazionale) e l’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) registravano, sia prima che dopo la pandemia Covid, una caduta dei livelli di reddito delle persone mentre, con la ripresa economica tra i diversi Paesi si prevedeva che il 20% più ricco della popolazione mondiale poteva risalire e recuperare quasi la metà di ciò che aveva perso nel 2020 e i più poveri riducevano i loro redditi di un ulteriore 5% e anche più tra gli anni 2021 – 2023.
Queste previsioni già dovevano orientare i vari Paesi europei e anche il nostro Paese – verso scelte e investimenti programmati e mirati alle politiche di ripresa e crescita delle economie nazionali per ridurre – con il lavoro e salario contrattato – tanto le disuguaglianze tra i redditi quanto frenare i crescenti livelli di povertà.
Non dobbiamo dimenticare che nel 2020 – prima della crisi pandemica e la guerra in Ucraina – l’Eurostat già segnalava che 95,8 milioni di cittadini europei vivevano sulla soglia di povertà e di esclusione sociale e che soltanto di poco, nel 2021-2022, veniva registrato un lievissimo miglioramento, riducendosi, rispettivamente, a 95,4 e 95,3 milioni.
Vale a dire che – nel 2022 – 1 cittadino europeo su 5 già viveva sulla soglia della povertà e della esclusione sociale e in Italia 1 cittadino su 4 a rischio povertà che era pari a circa il 24,4% degli italiani.
Salari bassi e povertà da battere
E negli ultimi tre anni (dal 2020 e fine 2023) – tra pandemia, inflazione, guerra in Ucraina e Israele dal 7 ottobre – le condizioni di povertà tendono a peggiorare, considerando, che nel mondo tra gli oltre 75 milioni le persone in povertà si contano 165 milioni di nuovi poveri che vivono con due o tre dollari al giorno e si prevede che i redditi tendono a rimanere, ancora, al disotto dei livelli precedenti la pandemia (rapporto ONU in Vatican News 14 luglio 2023).
E si contano, nel nostro Paese, 2,18 milioni le famiglie che vivono in condizione di povertà assoluta (8,3% del totale da 7,7% nel 2021) pari e oltre 5,6 milioni di persone (9,7% rispetto al 9,1% dell’anno precedente) e questo peggioramento – commenta l’ISTAT – è imputabile e in larga misura alla forteaccelerazione della inflazione (+8,7%) – con articolazione nazionale – del 10,7% al Sud; del 6,4% al Centro e 7,5% al Nord.
Viene rilevato, da recenti statistiche, che la inflazione nel 2023 – mediamente – è scesa al 5,9% riducendosi dall’8,7 progressivamente nel corso dell’anno e che da ottobre la crescita dei prezzi stabilizzata è stata inferiore a quella della media dell’area euro, cosi come il mercato del lavoro va stabilizzandosi con aumento degli occupati e degli inattivi mentre diminuiscono i disoccupati.
Infatti – dai dati ISTAT – è da rilevare che tra occupati/disoccupati il tasso di occupazione resta invariato al 61,8% in quanto aumentano a novembre 2023 gli occupati e gli inattivi mentre diminuiscono i disoccupati.
Salari bassi e povertà da battere
Va condiviso, non solo a mio avviso, che se il numero dei disoccupati diminuisce di 66 mila unità ma aumentano di 48 mila unità gli inattivi – da molti mesi in calo – può significare che non si cerca o non c’è lavoro ma può anche significare che l’aumento degli inattivi, come conseguenza del calo dei disoccupati, potrebbe essere legato, in parte, anche a persone che hanno perso il reddito di cittadinanza e non trovano neppure lavoro (Seghezzi.)
Va osservato, quindi, che il tasso di occupazione è invariato ma è ridotto il potere d’acquisto delle persone per reddito basso, favorito dalla inflazione che, se pur in discesa nel 2023, entra nel nuovo anno 2024 – anche – con prospettive internazionali che restano incerte, in quanto, dominate da tensioni e rapporti geopolitici per i quali non si prospettano imminenti soluzioni, anzi, appaiano annunci di condizioni finanziarie restrittive per famiglie e imprese in presenza, ripeto, di un potere di acquisto in caduta e di redditi bassi, inferiori ai livelli degli anni pre Covid.
Questi miei riferimenti, in sintesi richiamati, si presentano e si riscontrano tutti i giorni nella vita delle persone e impongono – ai Governi di ogni livello, alle assemblee parlamentari nazionali e regionali, alle forze politiche e parti sociali organizzate quali determinanti corpi intermedi di una società democratica – una responsabile e attiva presa di coscienza umana e politica di condivisione e di azione sulla questione sociale del lavoro e della economia – fondamentale e prioritaria – che partendo da una incisiva POLITICA DEI REDDITI si possono coinvolgere tanto i livelli dei salari diretti quanto il salario differito, con le pensioni e la qualità del lavoro contrattato e partecipato in un contesto di politica industriale e di sviluppo programmato territoriale da Sud a Nord del nostro Paese e nella dimensione europea.
Roma, 22 gennaio 2024
Salari bassi e povertà da battere
*già Segretario Provinciale di Frosinone e Regionale CISL Lazio
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