Le storie di San Matteo in 3 dipinti

Caravaggio 3 tele S.Matteo. Cappella Contarelli ©UozzartCaravaggio 3 tele S.Matteo. Cappella Contarelli ©Uozzart

Perle d’arte nelle chiese di Roma. Caravaggio nella chiesa di S. Luigi dei Francesi


di Franco Di Pofi

Le storie di San Matteo in 3 dipinti

LE STORIE. Ci siamo lasciati pochi giorni fa! Avevamo visitato la chiesa di San Luigi dei francesi, la cappella del cardinale Contarelli, i dipinti di Caravaggio: storie di San Matteo. Ricordiamo che l’opera consta di tre dipinti:

“La vocazione ”  ” San Matteo e l’angelo ”  ” il martirio di San Matteo”. Ci siamo soffermati sul primo; ora torniamo per gli altri due con un buon numero di monetine per la luce.

San Matteo e l’Angelo

Gesù cercava proseliti per farne gli apostoli che avrebbero dovuto diffondere il suo verbo.

Come abbiamo visto li cercava anche tra i peccatori. E Matteo lo era. Ricordiamo che riscuoteva le tasse, praticando l’usura.  Si trovava in una sorta di taverna quando Gesù, passando per la via, lo vidde e, in modo perentorio, disse: “seguimi”. 

E Matteo lo seguì. Divenne uno dei 12 apostoli. Non bastasse,  Gesù lo volle anche evangelista. Il santo sapeva far di conto, ma sarebbe stato in grado di scrivere il Vangelo?

Caravaggio, e succederà spesso, ha dovuto farne due di questo dipinti.

Si troverà a discutere con la committenza religiosa che non tollerava l’eccessivo realismo delle sue opere; a volte, come fu per “la Madonna dei pellegrini”, dove la modella era una certa Maddalena Antognetti, nota prostituta d’alto bordo, trovava qualche papa ”illuminato” che lasciava correre.

Questa volta no. Caravaggio aveva dipinto San Matteo in modo non consono alla sacralità di una chiesa: intanto sembrava uno straccione e poi… l’angelo gli teneva la mano come, ai miei tempi, la maestra te la teneva per fare i bastoncelli.

Troppo per un evangelista ! E poi quel ginocchio nudo; no no si doveva ridipingere. Se il dipinto non fu accettato per la chiesa di San Luigi, il grande artista lo vendette; successivamente lo troviamo in Germania, dove, in un museo, venne distrutto da un incendio.

San Matteo e l'angelo. Il definitivo di Caravaggio
San Matteo e l’angelo. Il definitivo di Caravaggio

Io credo che la seconda versione fu maldigerita da Caravaggio che cambiò in modo non rispondente a quello che abbiamo visto nella “Vocazione”, cioè il racconto della realtà. Doveva trasformare quel vecchio zoticone, la sua posa scorretta e l’angelo che pareva un suo nipotino. Doveva, in poche parole, rendere la scena più consona a un avvenimento sacro.

In questo dipinto dovette tornare, quindi, ai dettami della Controriforma e cioè a rappresentare il “Bello”. Lo fece, ma era, pur sempre, Caravaggio. 

Infatti riappare il fondo buio. La luce,  proveniente dall’alto, illumina I particolari di una scena teatrale, lasciando tutto lo spazio ai protagonisti.

Le loro plastiche figure assumono dei ruoli ben precisi. L’angelo in volo, non è più un monello di strada, è bello ed elegante nei suoi svolazzanti candidi veli. È autorevole inviato di Dio.

Non prende la mano di Matteo per aiutarlo a scrivere, ma lo consiglia. È sicuramente divino, autorevole nella sua posizione preminente. Indica con le dita, che sembrano contare, l’inizio dei versi del vangelo dove si parla della stirpe  dalla quale proviene Gesù.  E San Matteo non è minimamente somigliante al vecchio zotico.

È vestito con una sgargiante e colorata tunica. Sta scrivendo quando gli appare l’angelo; il suo sguardo è attento concentrato, non vuole sbagliare capendo l’arduo compito che l’attende. Caravaggio gli concede anche un accenno di aureola.

Ma a sé stesso concede il piede scalzo, il tavolo e il banchetto della vecchia bettola.  Il ginocchio di Matteo, intento ad ascoltare l’angelo, muove lo sgabello che assume una posizione di precario equilibrio.

Magistrale questa trovata di Caravaggio che doveva rappresentare il compito estremamente arduo dell’apostolo. La vita di Matteo sarà sempre in in “equilibrio precario” fino al martirio. Pur nella costrizione, Caravaggio ha prodotto un capolavoro molto gradevole.

“Il Martirio”

… e Matteo iniziò il suo apostolato.

Jacopo da Varazze o Varagine, frate domenicano e vescovo di Genova, è famoso per aver scritto il libro: “La legenda aurea”; si tratta di una raccolta medievale di biografie dei santi.

Compilato dal 1260 al 1298 è stato fonte d’ispirazione per gli artisti. Anche Caravaggio, prima di dipingere quest’opera, ha letto la vita di Matteo. 

Il santo, in un momento della sua missione, si trovò in Etiopia dove regnava il re Egippo.

Accadde che il figlio di costui morì. San Matteo, con le sue preghiere, lo resuscitò.

Il re, con tutta la famiglia, si convertì e costruì una grande chiesa per l’apostolo. Sua figlia Eufigenia si consacrò a Dio e fu a capo di un convento. Morto Egippo salì al trono Irtaco. Costui voleva in moglie la giovane suora e chiese a Matteo di intercedere presso di lei.

Il santo gli disse di andare la domenica in chiesa. Nella sua omelia parlò della santità del matrimonio e spiegò che Eufigenia era già unita a Dio. Irtaco, infuriato, mandò un sicario che uccise, in chiesa, il “santo di Dio” con un colpo alla schiena. 

Caravaggio si attiene alla “Legenda aurea”… a modo suo.

In una chiesa, che riconosciamo da pochi particolari (l’altare con la croce greca), una luce si irradia prepotentemente dal centro della scena e mette in risalto: il sicario, San Matteo, il chierichetto che fugge.

Le storie di San Matteo in 3 dipinti
Le storie di San Matteo in 3 dipinti

È qui tutta la drammaticità della scena che ci colpisce profondamente. 

Il santo è stato colpito alla schiena e cade supino. Il sicario è prontamente sopra di lui.

Un giovane gigante¹, vestito solo di un perizoma, mostra una muscolatura potente, sinonimo di una forza che si sta scatenando sul corpo inerme di un vecchio morente.

Ma ciò che fa di costui un assassino brutale, rabbioso, pervaso da un furore omicida, è l’espressione del volto tirato, degli occhi che fissano il santo con estrema determinazione. La bocca spalancata in un urlo pauroso, sembra voler dare più forza alle sue braccia.

È l’urlo a cui fa eco quello del chierichetto che fugge terrorizzato da tanta violenza. Ecco il crudo realismo di Caravaggio. 

A detta violenza corrisponde la serenità di Matteo. Alza il braccio destro a prendere la palma del martirio offertagli da un angelo che si sporge da una nuvola. Il sicario sembra impedirlo stringendo forte il braccio, ma Matteo è ormai in un’altra dimensione. 

San Matteo e l'Angelo. prima-versione di Caravaggio analisi_400
San Matteo e l’Angelo. prima-versione di Caravaggio analisi

A contorno di questa scena, dal “pathos” ineguagliabile, Caravaggio pone particolari personaggi. Essi reagiscono, alla vista del tremendo delitto, muovendosi contemporaneamente e in maniera diversa. Anche loro diventano protagonisti di una rappresentazione teatrale. 

Critici d’arte hanno individuato negli uomini nudi seduti coloro che aspettavano di essere battezzati (Gesù battezzato da San Giovanni Battista).

A sinistra quattro uomini vestiti con abiti del ‘600; due giovani guardano sbigottiti la scena, gli altri due volti alla fuga. Il giovane², con il cappello dalle belle piume, che sta rinfoderando la spada è il re Irtaco che assiste soddisfatto al compiersi della sua vendetta.

Il volto che si vede sporgere, a tre quarti con la barba, dal capo dell’uomo girato è… Caravaggio. È presente sulla scena come se assistesse a un omicidio di strada. Il suo sguardo attento è pietoso e doloroso.

È testimone di una tragedia che, nella sua vita, nella sua epoca, erano fatti quotidiani.

Nota

( 1 ) Il sicario ricorda Adamo nella ” Cappella Sistina ” di Michelangelo 
( 2 ) Il giovane che abbiamo già visto nella vocazione di san Matteo, è un caro amico di Caravaggio. Gli faceva da modello e diverrà un pittore. 

Fotografie

Martirio: Wikipedia 
Martirio particolare con il volto di Caravaggio: GS Gli scritti 
Matteo e l’angelo prima versione: arte world 
Seconda versione: Wikipedia 

La chiesa di san Luigi dei Francesi

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Franco Di Pofi

ByFranco Di Pofi

Nato a Ceccano il 16 maggio 1943, residente a Roma dal 1968. Sposato, due figli e cinque nipoti. Diploma di geometra conseguito presso l'istituto tecnico "Leonardo da Vinci" di Frosinone. Frequenta la facoltà di sociologia negli anni '70 e facoltà di lettere ad indirizzo storico artistico negli anni '90. Conosce francese e inglese, cominciato a studiare quando avevo già 50 anni. Funzionario Regione Lazio in pensione. Attivista politico nel P.S.D.I. dal 1963. Membro esecutivo provinciale giovanile (Frosinone). A Roma nel dicembre 1968 continua l'attività politica. Membro esecutivo provinciale, membro comitato centrale. Incarichi di governo: consigliere VIII circoscrizione, vicepresidente ospedale S.Eugenio, consigliere casa di riposo s. Francesca Romana. Interessi: storia dell'arte, letteratura, musica classica e operistica, teatro, cinema. Sport praticati: calcio, karate, sci. Ancora attivo nel tennis.

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