La Valle del Sacco di Carlo Ruggiero
- Pubblicato in Libri e Racconti
intervista di Ivano Alteri a Carlo Ruggiero - "Un tempo qui era un paradiso terrestre, almeno così dicono i più anziani. Nel Sacco ci facevano il bagno, e dalle decine di ruscelli che graffiavano la valle si poteva bere acqua fresca con le mani". È una frase malinconica che s'incontra nelle prime pagine di "Cattive acque-Storie della Valle del Sacco", ed. Round Robin Editrice, un libro di Carlo Ruggiero, pubblicato nel febbraio di quest'anno. Nato a Frosinone trentasette anni fa, Ruggiero è "giornalista e filmaker... Autore di numerosi servizi e docu-film sul mondo del lavoro", come si legge nella nota biografica. Si occupa di diritti, ambiente e immigrazione, nella cooperativa di giornalisti Edit.Coop, di cui è socio. Nel 2012 ha pubblicato il reportage narrativo "Una pietra sul Passato", per le edizioni Ediesse. Lo abbiamo incontrato in questi giorni, qui a Frosinone, per capirne di più.
Ruggiero, ieri la Valle del Sacco era un "paradiso terrestre", per le persone che lo abitavano. Oggi cos'è?
Volevo proprio raccontare le storie delle persone che hanno vissuto e vivono in questa valle, e in particolare in quell'ampia pianura che da Colleferro arriva fino a Isoletta. Ne ho incontrate molte, e anche le più semplici avevano voglia di parlare, di raccontare quanto era loro accaduto. Forse più per capire esse stesse, piuttosto che per far capire. Per molte di loro si può dire che abbiano vissuto "di" questa terra, fino a quando non se ne sono ammalate.
E cosa raccontano?
Sono racconti di malattie, loro o di familiari, di verdure che non si possono più coltivare, di mucche che non si possono più pascolare, di battaglie con o contro le autorità preposte, di angherie subite dalle industrie che hanno inquinato e continuano ad inquinare. Queste persone hanno vissuto l'industrializzazione come un fenomeno "naturale"; prima sembrava portasse loro benessere, ma poi gli si è rivoltato contro. Comunque, tutto si è svolto sulle loro teste, senza che nessuno si degnasse d'informarle di alcunché. Ora vogliono essere ascoltate, ora vogliono capire. Qualcuno dovrebbe spiegare ad Annina perché non può più pascolare le sue vacche.
Drammatica, la scoperta delle vacche morte sulle sponde Rio Mola Santa Maria, ad Anagni; non avevano neanche bevuto, ma solo respirato. Una scoperta che ha fatto sobbalzare mezzo mondo, e accasciare al suolo Annina...
Sì. Mi ha raccontato che quel giorno era tornata tardi a casa, e da lontano aveva visto un sacco di gente, proprio nei pressi di quel rio affluente del Sacco. Aveva fatto fatica a farsi strada, dato anche il caldo e l'età. Ma quando finalmente era riuscita a raggiungere l'epicentro di tanta attenzione, aveva visto le sue vacche stecchite a terra, e il cuore non le aveva più retto. Trasportata d'urgenza al pronto soccorso, le avevano diagnosticato un infarto. Da allora non smette di piangere per le sue vacche, ogni volta che ripensa a questa storia; qualcuno l'ha anche presa in giro per questo, ma lei reagisce accusandoli di non capire, di essere "piazzaroli", di non voler bene agli animali.
Ma com'è potuto accadere tutto questo?
Ho scritto questo libro avendo in mente una domanda: perché un'industrializzazione così massiccia lungo tutti gli 80 km di questo fiume? E la risposta è economica: perché qui è intervenuta la Cassa del Mezzogiorno a finanziare un'industrializzazione forzata, con un'idea miope dello sviluppo. Un'industrializzazione calata dall'alto, senza che nessuno si preoccupasse di creare un substrato culturale a sostegno, col quale, forse, sia le istituzioni locali, l'informazione, sia gli stessi cittadini, avrebbero avuto gli strumenti per viverla con maggiore consapevolezza e vigilanza. Invece così, anche chi non aveva ceduto alle lusinghe ingannevoli della fabbrica e aveva conservato la terra, ora se la ritrova inquinata e inutilizzabile.
A seguito di queste amare vicende, la Valle del Sacco era stata inserita tra i Siti d'Interesse Nazionale (SIN), bisognevoli dell'intervento dello stato; poi, a causa di sbadataggini (diciamo così) era stata "degradata" ad "Interesse Regionale". É di questi giorni la notizia del reinserimento della Valle nelle competenze del Ministero. É una buona notizia.
Certamente; ed è merito del lavoro delle associazioni e del movimento che hanno suscitato. Grazie a loro, si è ottenuta una sentenza del Tar del Lazio, che si è espresso contro il declassamento; ora, il ritorno della Valle del Sacco a SIN. Oggi la sensibilità sta crescendo, grazie all'opera di informazione delle associazioni e dei tanti che vi s'impegnano. Ma va aggiunto che vi sono anche ragioni molto più empiriche, come l'alta diffusione di tumori e malattie varie e il ricatto occupazionale che non c'è più, essendo ormai in declino l'occupazione industriale. Oggi sappiamo che non è un'unica industria ad inquinare ed uccidere, ma tutta un'idea di sviluppo: è questa che va sbaragliata e sostituita con un'idea sana di economia. Non mancano né gli strumenti né le conoscenze.
A proposito d'informazione, come sta andando il libro?
Bene, anche grazie alle stesse associazioni. Dalla pubblicazione, sono stato invitato ad una ventina di presentazioni, dove trovavo centinaia di persone e spesso si trasformavano in vere e proprie assemblee cittadine. Anche numerosi insegnanti mi hanno cercato per organizzare iniziative nelle loro scuole.
Oltre a quanto è stato già fatto, con successo, in termini di sensibilizzazione, ora cosa bisogna fare per ripristinare il nostro territorio?
La cattiva economia e l'inquinamento venivano dall'alto; le soluzioni vengono dal basso. Ora bisogna iniziare a bonificare; ma non basta farlo con i terreni, perché alla prima piena il fiume torna a vomitare i suoi veleni, e tutto torna come e peggio di prima. É necessario, quindi, iniziare dal fiume. Ma per cambiare davvero la situazione bisogna bonificare prima di tutto le menti, estirpandovi quell'idea sbagliata di sviluppo. Come dicevo, abbiamo gli strumenti conoscitivi e tecnologici per impiantare un'economia che rispetti la terra, gli animali e le persone. Ricominciamo da qui.
Frosinone 5 novembre 2014
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