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Qatargate. Moralità e tensione ideale

CRONACHE&COMMENTI

Come è difficile rimanere fedeli agli ideali della propria gioventù!!!!

di Aldo Pirone
soldi qatargate 390 minLeggendo la storia del Pci di Spriano ci si imbatte negli anni della clandestinità. Anni di carcere e confino per i militanti comunisti scoperti dall'Ovra, la famigerata polizia del regime fascista. In quell'epoca i comunisti sfidavano anni di galera pur di tenere vivo un minimo di resistenza e di lavoro clandestino nel Paese. Le spiate e le infiltrazioni poliziesche non mancavano. Molti cadevano nelle mani fasciste e del Tribunale speciale, pochi altri cedevano. In quest'ultimo caso si diceva fra i militanti che costoro "avevano fatto il compromesso" con la polizia fascista. Di solito a spingere al tradimento e a farsi delatori per l'Ovra erano i motivi più vari e personali. La causa più diffusa del "compromesso" era la paura per le conseguenze della propria militanza sulla moglie, sui figli, sui fratelli, sui genitori e sulla famiglia in genere. erano la causa principale. Mussolini non scherzava.

Si dirà: altri tempi, di ferro e di fuoco, altre epoche, altro mondo. Tuttavia nella sinistra comunista, almeno fino a Berlinguer, un certo costume morale era di norma. Qualchesera fa Manuela Sattanino, per esempio, ricordava a "Otto e mezzo" che Sandro Curzi, drettore comunista di Rai Tre, le raccontava che sua zia volle lasciare in eredità l'appartamento che aveva non solo a lui ma alla moglie perché, diceva, "se no Sandro se la vende e dà i soldi al partito".

Non ho mai pensato che i comunisti italiani fossero di una pasta speciale. Come per tutti gli uomini sono gli ideali che fanno sì che anche le persone di più umile condizione, come erano gli operai e i braccianti comunisti, oltre agli intellettuali, che popolarono per gran parte le carceri fasciste, siano spinte a sopportare i più grandi sacrifici. Negli anni della clandestinità la tensione ideale, rivoluzionaria e antifascista, fu massima al di là degli errori di tattica e strategia politica che pure furono compiuti; e il Pci diede vita a un nuovo tipo di militante rivoluzionario, disposto a sacrificare tutto, a diventare disoccupato o esule, a lasciare moglie e figli pur di non piegarsi al fascismo. Quel militante che poi fu grande parte della Resistenza e della Guerra di liberazione nazionale, protagonista nel dopoguerra della lotte e delle battaglie sociali e civili per la costruzione della democrazia repubblicana e costituzionale.

Oggi le cose sono molto diverse. Non c'è più bisogno di andare in galera o dare la vita per seguire i propri ideali. Ma c'è sempre bisogno di una certa dirittura morale per fare una politica volta al bene pubblico e alla trasformazione sociale. Oggi "fare il compromesso" con l'avversario significa venir meno a questa ispirazione. E quando a venir meno è lo strumento del partito politico della sinistra, conseguente al declinare della suddetta tensione ideale e civile verso trasformazione sociale prescritta dalla Costituzione, riassumibile nella parola socialismo, allora la corruzione, anche quella più abietta legata al denaro, può penetrare anche le persone più insospettabili. È la strada imboccata da molti anni dalla sinistra post comunista evidenziata da due fenomeni concomitanti: la drastica diminuzione del consenso fra i lavoratori e le fasce popolari e la permeabilità alla corruzione.

La corruzione degli ideali ha molti gradi e molte sfaccettature. Non tutte legate al denaro o a illeciti penali, molte volte c'entra il potere fine a se stesso. Diventare consulente per qualche grande azienda o farsi consulente per commerci e affari è da considerarsi sommamente incoerente per dirigenti e uomini politici che sono stati esponenti di rilievo della sinistra.

Tutti costoro dovrebbero rammentare ciò che disse Berlinguer nell'ultima intervista in TV a Minoli. Alla domanda di che cosa era più orgoglioso, rispose: "Di essere rimasto fedele agli ideali della mia gioventù".

Non credo che oggi sarebbero in molti fra i dirigenti della sinistra post comunista a poterlo affermare.

 

malacoda 75

Aldo Pirone, redattore di malacoda.it

 

 

 

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Qual'è la natura politica e ideale del Partito Democratico?

partito democratico bandiera350 250di Giuseppe Sarracino - L'uscita di Pippo Civati dal PD accelera la riflessione, non sono per coloro i quali si rifanno alla sua area ma anche ai tanti iscritti ed elettori, circa la natura politica e ideale del Partito Democratico.
La vittoria di Renzi alle primarie ha imposto una profonda mutazione rispetto al Manifesto dei Valori del PD approvato il 16 febbraio del 2008. In poco tempo si è passati dalla vocazione maggioritaria come grande forza nazionale, "in grado di dare adeguate risposte ai grandi problemi del presente e del futuro" a un non meglio precisato Partito della Nazione; dall'esigenza di costruire un bipolarismo nuovo, fondato su chiare alleanze e non più su coalizioni eterogenee a un bipartitismo sancito dall'approvazione dell'Italicum.
Da un partito che pone come condizione prioritaria per il Paese, una svolta politica e morale a un partito che troppo spesso si presenta timido su tali argomenti (sottosegretari, formazione di liste elettorali).
Temi che sono carne e sangue di quel manifesto, che rappresenta la "Carta Costituzionale del PD" e che con troppo facilità sono stati ignorati in nome di un 40% di voti presi alle Europee. Anche se poi si dimentica con troppa facilità quella valanga di voti, oltre 700 mila, persi in Emilia Romagna.
Le stesse primarie, strumento di grande partecipazione democratica, che hanno consentito la vittoria di Renzi, sono state fortemente depotenziate o utilizzate spesso secondo le proprie convenienze.
Questo cambiamento profondo non può non porre una riflessione collegiale a tutti i livelli sulla natura dell'attuale partito democratico, se si vuole evitare che dopo Cofferati, Civati, continui l'uscita dal partito d'importanti, significativi e consistenti iscritti ed elettori.
A Frosinone la comparsa di Renzi quale segretario del partito ha improvvisamente convertito il gruppo dirigente locale verso la "purezza del renzismo", abbiamo assistito a frenetiche gare pubbliche per aggiudicarsi il primato di chi era più, renziano, spesso più dello stesso Renzi. Ma nessun processo di rinnovamento concreto è stato avviato, al contrario abbiamo assistito a fatti gravi, come il rinvio continuo senza alcuna vera motivazione del congresso provinciale, l'elezione a presidente della Provincia di un sindaco del PD candidato in una lista contrapposta al partito e appoggiato dal centro destra, continue nomine in Enti importanti per lo sviluppo del territorio, decise dai soliti gruppi.
Il modo di gestire il Circolo del PD di Frosinone ha superato lo stesso " manuale Cencelli" che a suo modo era rispettoso di tutte le correnti del partito, mentre in casa locale vige il non rispetto per quel 18% dei propri iscritti che avevano dato la loro piena fiducia alla lista " Frosinone Possibilie". Al congresso del circolo, dissi che ci saremmo aspettati una novità politica soprattutto nei metodi, come l'autorevolezza e l'indipendenza delle scelte politiche da qualsiasi ingerenza esterna al circolo, affermando allo stesso tempo il nostro contributo d'idee, competenze e proposte al segretario e al partito. Purtroppo assistiamo all'arroganza di una maggioranza che s'identifica in modo matematico con il 100% pur non rappresentandolo!
Sebbene tutto ciò, sono ancora convinto che nel partito esistono energie tali da poter avviare un vero "cambio di verso" nel e al Partito Democratico, con questo spirito mi appresto a partecipare all'incontro che la componente " Frosinone possibile" terrà nei prossimi giorni.
Giuseppe Sarracino, Componente Direttivo Circolo PD Frosinone

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