Lazio. Battisti proporrà legge per chi soffre di disturbi d'alimentazione
“Oggi, mercoledì 15 marzo, è la Giornata Nazionale del Fiocchetto Lilla, per contrastare anoressia, bulimia e altri disturbi dell’alimentazione. Dati alla mano, solo in Italia sono tre milioni i giovani che soffrono di DCA: il 95,9% sono donne, il 4,1% uomini. Una situazione allarmante che impone una risposta concreta da parte delle istituzioni per favorire progetti di prevenzione per le scuole, offrire sostegno alle famiglie e ai pazienti, incentivare la ricerca, al fine di individuare i percorsi di cura più adeguati ed efficaci, garantire i percorsi di cura in strutture adeguate”.
Così in una nota Sara Battisti, consigliera regionale e vicesegretaria Pd Lazio.
“Per queste ragioni - spiega - sto lavorando ad una proposta di legge regionale che, assieme al sostegno psicologico che abbiamo garantito alle cittadine e ai cittadini del Lazio nella precedente legislatura, possa rappresentare una risposta a chi soffre di questi disturbi”.
Dlgs n. 33 del 2016: ..istanza di accesso civico “non richiede motivazione” alcuna
di Floriana Porretta Nel corso della nostra campagna sulla trasparenza amministrativa, su cui ovviamente non arretriamo di un millimetro, ci siamo imbattuti in un ulteriore intralcio al controllo dell’azione pubblica, che completa l’opera di oscuramento iniziata con l’eliminazione dell’Albo Pretorio Storico dal sito istituzionale del comune.
Infatti, dopo quell’arbitraria decisione, e vista la limitatezza e farraginosità della sezione Amministrazione Trasparente, l’unico metodo che teoricamente resterebbe a disposizione dei cittadini per attingere alla documentazione amministrativa sarebbe la richiesta di accesso civico agli atti.
Tuttavia, tale richiesta è ancora regolamentata dallo Statuto Comunale che, però, è in contrasto con le norme di legge. Infatti, all’art. 50, comma 2, esso prevede che la consultazione degli atti deve avvenire “con richiesta motivata dell’interessato”. Condizione che si aggiunge a quella prevista dal comma 1 dello stesso articolo, secondo cui il Comune garantisce il diritto di copia e di accesso agli atti “ai cittadini, singoli e associati, e a chiunque vi abbia interesse per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti”. I due commi insieme consentono all’amministrazione di negare l’accesso agli atti a sua volontà o, quanto meno, di fornire i documenti a proprio comodo. Il tutto, in pieno contrasto con la legge.
Al contrario, infatti, il Dlgs n. 33 del 2016 sulla trasparenza stabilisce al comma 2 dell’art. 5 che “allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico, chiunque ha diritto di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni”. E per maggior chiarezza, al comma 3 dello stesso articolo specifica che l’esercizio di quel diritto “non è sottoposto ad alcuna limitazione quanto alla legittimazione soggettiva del richiedente” e che l’istanza di accesso civico “non richiede motivazione” alcuna.
Come si può facilmente riconoscere, l’arzigogolo procedurale che si è venuto a determinare a seguito dell’oscuramento dell’Albo Pretorio Storico costituisce una vera e propria trappola per chiunque voglia tenersi informato sull’azione amministrativa, un groviglio da cui difficilmente si riesce a districarsi se non con notevoli affanni e lungaggini insostenibili.
Che questo sia dovuto a volontà ambigua, a scarsa esperienza o a pressioni varie subite dai giovani amministratori, non lo sappiamo. Ma è chiaro che costituisce una condizione molto pericolosa, che può portare alla degenerazione dell’azione amministrativa, ed è indubbio, quindi, che qualcuno debba metterci le mani al più presto.
La politica cittadina, innanzitutto le forze politiche, i consiglieri comunali di maggioranza e di opposizione, le associazioni, non possono restare in silenzio. Non possiamo lasciare che la “barca” su cui noi tutti siamo vada a sbattere sugli scogli. Occorre riprenderne subito in mano il timone ed imporgli una rotta sicura.
Chiediamo, perciò, che anche le autorità sovraordinate, innanzitutto la Prefettura di Frosinone, intervengano per aiutare la città ad uscire dalla confusione e dalla pericolosa approssimazione in cui annaspa.
Sora 20 gennaio 2023
*Floriana Porretta Presidente del Movimento Civico Pro Ospedale e Territorio
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COMITATO NO BIODIGESTORI A FROSINONE - VALLE DEL SACCO
Frosinone, 02 luglio 2022 Alla c.a. del sindaco del Comune di Frosinone Riccardo Mastrangeli
e, p.c. Sindaco del Comune di Anagni Daniele Natalia
La Città di Frosinone, il 26 giugno, ha scelto come Primo cittadino il dottor Riccardo Mastrangeli, al quale rivolgiamo i nostri migliori auguri per l’impegnativa sfida che lo attende, accompagnati dall’auspicio di un proficuo lavoro che possa contribuire al benessere di tutti. Auspichiamo, altresì, che il nuovo Sindaco voglia costruire un rapporto di collaborazione con i corpi intermedi come ha già dimostrato durante la campagna elettorale.
Tra le molteplici questioni che lo attendono, ve n’è una particolarmente urgente: si tratta del biodigestore proposto dalla società Maestrale, il cui iter di autorizzazione regionale è in fase avanzata di approvazione. Le associazioni, i comitati ed i cittadini, che nella recente campagna elettorale gli hanno rivolto la richiesta di un impegno chiaro e trasparente sul biodigestore che è stata raccolta, gli chiedono di compiere azioni essenziali per dare concretezza alle parole espresse.
È estremamente importante che il Comune di Frosinone ed il suo Sindaco partecipino alla seconda parte della terza Conferenza di servizi per la valutazione di impatto ambientale (VIA), di cui si è in attesa di convocazione da parte degli Uffici regionali: un passaggio amministrativo fondamentale, dove ribadire la contrarietà del nuovo Sindaco e dei sui cittadini alla realizzazione di questo impianto di biodigestione anaerobica che, posto a ridosso della città, andrebbe a trattare 50.000 tonnellate annue di frazione organica dei rifiuti urbani (FORSU), quantitativo pari ad oltre dieci volte quello prodotto dalla città.
Premesso che il Sindaco, nella sua veste di massima autorità sanitaria del territorio, (vedi sentenza del TAR Lazio sezione Latina n. 819 del 2009) sarà il solo ad essere chiamato, in sede di Autorizzazione integrata ambientale (AIA), ad esprimere obbligatoriamente e per competenza il parere sanitario, relativamente al possibile pericolo o danno per la salute pubblica, quale interesse sensibile da tutelare, si rappresenta preventivamente quanto segue:
- il parere sanitario, secondo la normativa, ha la finalità di dimostrare l’accettabilità sanitaria o meno dell’impianto in questione, da cui consegue che il Sindaco dovrà necessariamente produrre una valutazione della rilevanza sanitaria delle emissioni del biodigestore, dello stato sanitario della popolazione residente, del contesto urbanistico ed i connessi rischi di incidente rilevante, oltre a tenere conto di tutti i rapporti, piani e documenti territoriali pertinenti a tali fini, sulla base della specificità dell’area - trattasi di Sin - e dello stato sanitario dei residenti così evidenziato. Solo se il Comune avrà svolto tale preventiva attività sanitaria potrà esprimere un valido parere negativo. In tale ambito il Sindaco, inoltre, deve pronunciarsi anche sull’alternativa a protezione della salute pubblica;
- ricordiamo inoltre come la normativa assegni al Sindaco, e solo a questi, in un ambito ben individuato, il potere di dettare le “prescrizioni” di cui agli artt. 216 e 217 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265. Il potere delle prescrizioni è essenziale ed è la condizione necessaria per evitare che il parere venga rifiutato dall’Ente competente (la Regione);
- nel parere, infine, va inserito che nel progetto non si ravvisano modifiche impiantistiche tali da cambiare il parere sanitario da negativo in positivo, viste le documentate informazioni ed evidenze prodotte dal proponente.
Certi che il Sindaco terrà in considerazione questo nostro contributo nell’interesse della comunità che gli ha dato fiducia, gli rinnoviamo l’invito ad agire con estrema urgenza, vista anche la complessità ed importanza delle attività da svolgere.
Comitato No Biodigestori a Frosinone - Valle del Sacco: Associazione Frosinone Bella e Brutta; Coordinamento Frosinone Salviamo il Paesaggio; Comitato residenti Colleferro; Cittadini della Valle del Sacco Sgurgola-Anagni; Cittadini Attivi Vari.
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Una nuova legge elettorale è indispensabile prima delle prossime elezioni politiche
di Alfiero Grandi Abbiamo rischiato due volte di precipitare verso elezioni anticipate senza la cintura di sicurezza di una nuova legge elettorale, coerente con i principi costituzionali. Ora sbagliare ulteriormente sarebbe diabolico.
L’incostituzionalità della legge in vigore È indispensabile anzitutto per le ragioni contenute nei ricorsi già presentati ai tribunali per incostituzionalità. Due principali. Il voto unico “coatto” per l’uninominale e per le circoscrizioni proporzionali, a pena di nullità. È come invitare a pranzo qualcuno che si presenta con tutta la sconosciuta famiglia senza avvisare. Praticamente nessun elettore sa a chi si trasferisce automaticamente il suo voto per il collegio uninominale.
La negazione della parità del valore del voto degli elettori. Qualcuno è più uguale degli altri. Infatti c’è chi vota per 6 senatori come in Trentino Alto Adige, mentre in Basilicata con più o meno gli stessi abitanti si deve accontentare della metà. Un furto con destrezza che avviene solo perché nella legge elettorale in vigore le Province autonome sono parificate alla Regioni, ma nella Costituzione le circoscrizioni sono solo su base regionale, ecco spiegato il trucco. Questi due aspetti meritano un giudizio della Corte Costituzionale prima del voto, dopo sarebbe tardi.
I motivi di incostituzionalità non sono l’unica ragione per approvare una nuova legge elettorale rapidamente. La legge in vigore combinata con il taglio dei parlamentari (approvato purtroppo per subalternità al Movimento 5 Stelle che l’ha preteso, e oggi ne paga le conseguenze) e con la modifica costituzionale del voto a 18 anni per il Senato porterà all’instabilità politica.
La maggioranza per governare con questa legge è un terno al lotto Il voto a 18 anni, giusto in sé, tende a parificare ancora di più i sistemi elettorali, peccato che la legge abbia perso per strada l’abbassamento dell’età per essere eletti. Gli effetti di questi provvedimenti, combinati tra loro, provocherà ancora più instabilità politica perché le maggioranze nelle due camere saranno diverse. Mentre per la Camera si può approvare una nuova legge elettorale, coerente con i principi costituzionali, che potrebbe essere proporzionale, con la ripartizione nazionale dei resti, per il Senato questo non è possibile perché la Costituzione prevede base regionale. Forse si può forzare qualcosa ma il proporzionale al Senato diventa molto difficile e nelle regioni piccole la soglia per essere eletti potrebbe arrivare al 30 %. Ci sono partiti che forse entreranno alla Camera ma al Senato no e quindi la maggioranza per governare, con questa legge, è un terno al lotto. I “conservatori” che vogliono tenersi la legge che c’è in realtà lavorano per l’instabilità politica. Senza dimenticare quanto la rielezione (per fortuna) del presidente Mattarella non solo ha evitato di precipitare l’Italia in una crisi istituzionale e forse democratica, ma ha messo in luce con evidenza cristallina che le vecchie coalizioni centro destra e centro sinistra non sono più applicabili alla realtà attuale. La coalizione di centro destra è deflagrata per l’incapacità di Salvini e perchè Berlusconi ha perso interesse da quando ha capito che non serve più ai suoi obiettivi. Inoltre Meloni vuole il massimo lucro dall’opposizione ma insieme conservare la leadership che i sondaggi le consegnano sullo schieramento e gli alleati capiscono che non può funzionare, almeno per loro. Lo schieramento opposto fatica a poter essere definito centro sinistra, formula del passato che oggi non dice granché. Il Movimento 5 Stelle è entrato in una crisi profonda e strutturale, nessuno è in grado di dire come finirà.
Il Parlamento non rappresenta più il paese Quanti si affannano a usare vecchi schemi del passato non riescono a vedere una verità elementare. Il parlamento, che è il pilastro della nostra democrazia, rappresenta (o dovrebbe rappresentare) il paese, le sue articolazioni politiche, sociali e territoriali e oggi non è in grado di farlo. Perché ?
Certo, i partiti sono diventati in pratica dei comitati elettorali, non hanno capacità di rappresentare il paese, nel bene e nel male. Il costume interno dei partiti è cambiato in profondità, i passaggi democratici sono affidati al buon cuore dei capi. L’articolo 49 della Costituzione non è mai stato attuato. In passato forse era giustificabile, ora no. Basta pensare al Movimento 5 Stelle, quanta fatica ha fatto per darsi un grado di normalità politica. Gli accordi di governo definiti contratti, le regole democratiche affidate a terzi attraverso una piattaforma informatica. L’informatica può aiutare ma non diventare un nuovo Moloch. Ora il M5S è finito in tribunale, se esistesse una legge che regola la vita interna dei partiti, le modalità di partecipazione e di decisione per accedere a fondi pubblici destinati solo a favorire la loro vita politica attiva, che a torto è stata compromessa, al punto che si è costituito un personale politico per censo o esposto alla corruzione.
Rifondare e rilanciare i partiti Rilanciare il ruolo dei partiti richiede un impegno straordinario di rifondazione, ma è indispensabile se si vuole tornare a progettare e a provare di realizzare il futuro dell’Italia, in Europa ovviamente. Regolare la vita democratica dei partiti e insieme sostenerli nella loro attività politica in modo trasparente sono due punti essenziali, ma è decisivo che i parlamentari che verranno eletti siano rimessi in rapporto diretto con elettrici ed elettori che debbono poterli scegliere direttamente, o con preferenza o in collegi uninominali vincolati al sistema proporzionale come era al Senato o nelle Province, prima dell’ubriacatura maggioritaria. L’unica lista breve accettabile è la singola candidatura, con nome e cognome.
La legge elettorale non è un eccetera ma una condizione senza la quale anche gli altri aspetti non funzionerebbero. Nel bene e nel male, il parlamentare deve rappresentare gli elettori non il capopartito. La formazione di Italia Viva rappresenta bene il problema. Non siamo più a passaggi di singoli parlamentari ad altro schieramento ma alla costituzione ex novo di interi partiti che si muovono su indicazione del capo che li ha fatti eleggere e da cui dipendono.
L’idiozia del taglio dei parlamentari Questo ha abbassato la qualità e l’autonomia dei parlamentari, con lodevoli eccezioni, al punto che il parlamento ha accettato di votare a maggioranza (di centro destra) che Ruby era la nipote di Mubarak e questo ha portato la credibilità sotto le scarpe. Ho sentito l’ex ministro Martino, che si dichiara liberale, arrampicarsi sugli specchi, spiegando che doveva obbedire all’ordine, dimenticando che il parlamentare agisce senza vincolo di mandato e deve confrontarsi con la sua coscienza. Peggio ancora il parlamento ha approvato il suo taglio. Oggi molti si rendono conto dell’idiozia compiuta, non fosse altro che per convenienza personale. Come può al parlamentare essere riconosciuta dignità se ha accettato di essere considerato con il taglio al livello di un ente inutile ? Quando Mattarella ha parlato più volte di dignità mi sono venuti in mente quei parlamentari che hanno accettato di precipitare la dignità del parlamento come organo collettivo sotto le scarpe, dimentichi che dovrebbero comportarsi con dignità ed onore. I parlamentari sono stati i peggiori nemici di sé stessi. Hanno subito le soperchierie dei governi che si sono succeduti fino ad arrivare a quello Draghi che ha compiuto il percorso di primazia del governo sulle scelte che dovrebbero essere proprie del parlamento, che viene stremato da i voti di fiducia, dai decreti legge, dai maximendamenti, dall’impossibilità di leggere i provvedimenti da votare. Questa deriva va fermata.
Gli omaggi al parlamento suonano come prese in giro e purtroppo i destinatari sembrano non accorgersene. Se si vuole ridare centralità al parlamento occorre che non solo ci sia proporzionalità nella rappresentanza, che ciascuno si presenti con le sue posizioni, così almeno sapremo quali sono. Gli elettori debbono decidere direttamente su chi eleggono e a sua volta il candidato deve capire che con loro deve stabilire un rapporto di fiducia altrimenti non verrà rieletto. Una cura radicale ma indispensabile. Le soglie di cui si parla sono una lotteria. Facciamo un calcolo, oggi la soglia è al 3%, con il taglio per essere eletti occorre un 36,5% in più, quindi siamo tra il 4 e il 5%, per di più nelle regioni piccole la proporzionalità è difficile alla Camera, impossibile o quasi al Senato.
La Germania ci ha insegnato che la pretesa di conoscere la sera del voto chi ha vinto è una sciocchezza. Dopo il voto un grande paese come la Germania aspetta con tranquillità che venga raggiunto un accordo politico di maggioranza, fondato su un solido e dettagliato programma per la legislatura.
Sarà difficile che il Parlamento funzioni Dopo il taglio non sarà facile fare funzionare il parlamento. Sarebbe molto peggio lasciarsi spingere, di nuovo per opportunismo, verso il presidenzialismo, intero o alla francese, cioè andare al voto diretto del Presidente. È una scelta da combattere senza risparmio, ma chi la propone deve avere il coraggio di dire cosa comporta. Eleggere direttamente il successore di Mattarella vorrebbe dire cambiare buona parte della Costituzione perché non si eleggerebbe più il rappresentante dell’unità della nazione e un garante ma il capo di una fazione vincente e quindi i contrappesi istituzionali dovrebbero essere del tutto diversi. A meno che non si pensi ad una democratura, in cui della democrazia resterebbe solo il voto, forse.
Perché proprio l’astensionismo è il drammatico problema della nostra democrazia. Sono contento che Cecilia D’Elia sia stata eletta con il 59% dei voti ma non posso dimenticare che ha votato l’11 % degli elettori. Questo è un problema democratico di prima grandezza. C’è chi ha pensato in passato che tanto gli operai non potevano che votare a sinistra e ora sappiamo come è andata. Ora c’è chi pensa che l’astensione è un male inevitabile. No, l’astensionismo è solo la conferma di una democrazia malata ed escludente, che la politica non presenta scelte per risolvere le condizioni reali delle persone, che non si sentono rappresentate e si allontanano. La democrazia senza partecipazione potrebbe precipitare in una crisi seria. Continuare ad ignorare la frattura tra politica e società è un rischio grave, reagire vuol dire capire che una nuova legge elettorale è indispensabile, qui ed ora, e deve servire ad affrontare disagi, disuguaglianze, povertà, diritti negati. Non sono i compiti che mancano, manca la volontà di affrontarli, di fare scelte nette e chiare, politiche appunto.
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Mattarella ora è di nuovo Presidente, ma la crisi della democrazia italiana resta seria.
di Alfiero Grandi I voti per Mattarella sono cresciuti parallelamente all’incapacità dei leaders di indicare una nuova candidatura per la Presidenza della Repubblica. Certo, c’è chi ha dato l’indicazione di Mattarella, ma la novità è che ha convinto i parlamentari e i voti sono cresciuti fino ad indicare ai leaders la via d’uscita dal tracollo istituzionale che si stava profilando. Per fortuna Mattarella ora è di nuovo Presidente, ma la crisi della democrazia italiana resta seria. Da destra e non solo verranno assalti per cambiare la Costituzione, puntando su estrema personalizzazione e presidenzialismo. Bisogna rendersi conto che in gioco non c’è solo il modo per eleggere il Presidente della Repubblica ma il suo ruolo e la sua funzione. Mattarella ha dimostrato di essere garante dell’unità nazionale e del rispetto della Costituzione e quindi dell’equilibrio tra i poteri. Ad esempio dell’autonomia della magistratura di cui presiede il CSM, del ruolo della Corte Costituzionale di cui nomina 5 componenti, ecc. Un Presidente eletto direttamente non può essere un garante perchè è il capo di una maggioranza che ha vinto. Quindi per definizione è di parte.
L’elezione diretta del Presidente porterebbe a cambiare la Costituzione perché investirebbe i poteri e i loro contrappesi, indispensabili in democrazia. Troppi strappi sono stati fatti alla Costituzione e per invertire la rotta occorre tornare ai suoi fondamenti.
Due presupposti si sono rivelati falsi. Il primo è che la sera occorre sapere chi ha vinto le elezioni, il secondo è che il maggioritario aiuta a governare. In Germania hanno costruito in 2 mesi programma e coalizione e ora hanno un governo destinato a durare sulla base di scelte coraggiose. Il maggioritario in Italia non ha aiutato né sinistra né destra a governare. Prodi ha vinto nel 2006 ma è andato in crisi nel 2008. Berlusconi ha vinto con una maggioranza bulgara nel 2008, ma è andato in crisi nel 2011.
Il maggioritario ha spinto a prendere più voti possibili, ma le coalizioni allargate allo spasimo erano fragili dentro, mentre maggioranze costruite dopo il voto sulla base di un accordo politico possibile hanno buone probabilità di reggere. Il maggioritario porta con sé la convinzione che occorre imporre alla minoranza le scelte di chi ha vinto e per questo risultato occorre che i parlamentari siano soldatini fedeli al capo. Dal porcellum fino al rosatellum i parlamentari sono stati nominati dall’alto, dai capi, lodevoli eccezioni confermano che la loro autonomia e qualità è caduta. Ormai non abbiamo solo cambi di casacca di singoli parlamentari ma di interi partiti, vedi Italia Viva, i cui parlamentari infatti debbono l’elezione a Renzi.
Nuovi regolamenti parlamentari possono mettere ordine, ma la questione di fondo è approvare una nuova legge elettorale che ripristini un rapporto di fiducia tra eletto ed elettore. Per di più il prossimo parlamento sarà ridotto a 400 deputati e 200 senatori. La pretesa del M5Stelle e la subalternità degli altri partiti ha portato a questa assurda modifica, che renderà molto difficile una rappresentanza dei territori, delle opinioni politiche e culturali, soprattutto al Senato. Questo taglio ha portato un forte colpo al ruolo del parlamento, purtroppo con la complicità degli stessi parlamentari.
L’unico intervento in tempo utile prima delle prossime elezioni è approvare una legge elettorale proporzionale, tenendo presente che il taglio dei parlamentari porta l’attuale soglia di sbarramento del 3% per eleggere un parlamentare di fatto verso il 5%. In molte regioni per il senato ci saranno soglie reali oltre il 30%. Non basta la proporzionalità. Occorre ristabilire un rapporto diretto eletto/elettori per ricreare fiducia e credibilità. Questo non basterà a ridare slancio alla democrazia in crisi, occorre attuare l’articolo 49 sui partiti e i partiti debbono cercare di non essere solo comitati elettorali. Tuttavia ricostruire un rapporto diretto eletto/elettore è una chiave fondamentale.
Parlamentari rappresentativi, scelti direttamente dagli elettori possono aiutare il parlamento a riconquistare la sua centralità costituzionale, rimettendo su binari corretti il rapporto con i Governi, oggi capovolto, di questo si è avvertita una fiammella nel ruolo svolto nell’elezione del Presidente della Repubblica.La democrazia in Italia non può perdere anche questa occasione.
Alfiero Grandi,mer 2 feb 22 da il quotidiano "Domani"ù
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Il Parlamento, approvi una legge che sia efficace e incisiva
di Angelino Loffredi E’ ancora presente fra i principali organi d’informazione l’attenzione alla grande manifestazione fiorentina di sabato 18 settembre promossa da sindacati, Istituzioni ed associazioni varie per contrastare il licenziamento (attraverso email) di 422 dipendenti della GKN di campi Bisenzio.
Non intendo dilungarmi su quella che giustamente è stata chiamata la “catena umana“ per la sorprendente, eccezionale presenza di persone e su una convinta unità fra tutti i sindacati, sia di base che nazionali con le Istituzioni e con gli intellettuali. Preferisco evidenziare e ragionare invece sulla partecipazione alla manifestazione anche di rappresentanti dell’Embraco di Torino, della Wirlpool di Napoli, Gianetti di Carpenedolo e Riello di Cepagatti e di altre delegazioni di realtà produttive in crisi e sulle richieste che questa nuova unità fra lavoratori pone al Parlamento. Partecipazioni e presenze impegnate per dare una forte risposta all’arrogante richiesta padronale di licenziare e delocalizzare in altri stati pur in presenza di una florida condizione economica e dopo aver usufruito di positivi ed importati aiuti delle finanze pubbliche.
E’ vero che il Giudice del lavoro di Firenze lunedi 20 settembre ha annullato il provvedimento di licenziamento dei 422 dipendenti della GKN di Campi Bisenzio, ritenendo tale provvedimento in contrasto con l’art 28 di quello che rimane dello Statuto dei lavoratori, ovvero per violazione delle procedure e mancato rispetto degli accordi precedentemente sottoscritti fra impresa e sindacato. Si tratta infatti di un provvedimento importante, storico, che diverrà riferimento per altre sentenze. Ma può bastare? Non credo. E’ necessario avere a disposizione invece una legge utile per contrastare ed evitare questa ventata di delocalizzazioni. E’ necessario ottenerla subito!
Pur non essendo una persona esperta di diritto amministrativo e costituzionale provo a sottoporre a chi è interessato a tale questione il sempre dimenticato articolo 41 della Costituzione repubblicana che dopo aver riconosciuto che “l’iniziativa economica privata è libera“ precisa anche che essa “non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica, pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali.”
In poche righe le Madri e i Padri costituenti hanno previsto qualcosa d’importante che anche ed in particolar modo oggi può essere utilizzato. E permette così di intervenire e risolvere una inquietante questione, quella di evitare che la Magistratura assolva una funzione di supplenza alla assenza di proposte e decisioni dei partiti e del Parlamento.
Anche se già oggi mi sembra chiaro che i provvedimenti di tali industriali si pongano fuori dall’ordinamento ed in contrasto con l’ordine costituzionale mi sembra urgente e necessario avere una legge che esplicitamente dichiari di contrastare le delocalizzazioni. Essa può muoversi facilmente nell’interno dell’articolo sopra evidenziato, indicando esplicitamente che bisogna contrastare lo smantellamento del nostro tessuto produttivo, realizzato quasi sempre con denaro pubblico, assicuri inoltre una continuità occupazionale e, finalmente, preveda ed indichi provvedimenti sanzionatori nei confronti di imprese fuorilegge.
E’ necessario che il Parlamento, diversamente dalla bozza del governo in circolazione, approvi una legge che sia efficace, incisiva e non limitata solamente ad una sostanziale dichiarazione d’intenti e di buone intenzioni.
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Il referendum costituzionale dello scorso settembre, già dolosamente gettato nel dimenticatoio da tutti coloro che hanno partecipato alla “fiera del taglio", ha rappresentato uno spartiacque chiarissimo fra chi vuole picconare gli spazi di democrazia rappresentativa nel Paese inventando la balla del risparmio di quattro lire e chi vuole difendere il ruolo della rappresentanza.
Ma l’equazione taglio degli spazi assembleari e di rappresentanza uguale risparmio viene da lontano, da ormai un ventennio di forsennata propaganda tesa a svilire questo aspetto della democrazia che in combinato disposto con leggi elettorali con liste bloccate e candidature confezionate ad hoc da pochi notabili, esautorazione del valore di comunità dei partiti e abolizione del finanziamento pubblico, consegnano alle nuove generazioni un ingresso nella politica sempre più simile al paesaggio lunare.
Fra le molte riforme su questa cresta dell’onda c’è anche la Delrio del 2014, che trasforma in uno stranissimo Minotauro le province, non rendendo più eleggibile ai cittadini consiglio e presidente, bensì riducendo tutto l’elettorato attivo e passivo ai consiglieri comunali e sindaci in un conclave paranormale.
In un evento pubblico trasmesso in diretta Facebook, con la presenza tra i relatori di esponenti locali e nazionali della giovanile e del partito e con un contributo anche del Presidente della Provincia Antonio Pompeo, affrontiamo con chiarezza la sofferenza della democrazia rappresentativa nel Paese e la necessità di porre subito rimedio alla Legge Delrio considerando la centralità di un ente intermedio fra comune e Regione, anche nell’ottica della imminente gestione decentrata delle risorse del Recovery Plan. Come giovani socialisti sentiamo il dovere di combattere senza frontiere lo specchio per le allodole che risiede nel taglio della democrazia in nome del risparmio di pochi spicci.
Federazione Giovani Socialisti Frosinone - Circolo Pietro Nenni
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Se il voto è a suffragio universale tutti i cittadini siano nelle liste elettorali
di Aldo Pirone Ieri, finalmente, si è insediato il nuovo Presidente degli Stati Uniti Jo Biden. I giorni trascorsi dalla sua elezione non sono stati facili per la democrazia americana. L’azione eversiva promossa da Trump il 6 gennaio è stata condannata da quasi tutte le parti in patria e all’estero. Che potesse succedere un assalto al Campidoglio di Washington da parte degli ultra sostenitori del Presidente in carica, alcuni armati di tutto punto, era più che prevedibile. Lui, Trump, li ha chiamati nella capitale per “dare – ha detto - l’orgoglio necessario ai repubblicani più deboli per riprendersi il paese” e lui, nel suo folle comizio, li ha incitati ad andare alla sede del Congresso - “stiamo per incamminarci su Pennsylvania Avenue” ha sollecitato - per costringere i repubblicani renitenti, senatori e deputati, e lo stesso vicepresidente Pence a fare quello che lui voleva: rimettere in discussione il chiaro risultato del voto. Si deve alla scaltrezza dei commessi e delle commesse del Senato che le hanno prontamente messe in salvo se le schede del collegio elettorale giunte dagli Stati non sono state distrutte dagli invasori trumpiani e il Congresso ha potuto procedere, poi, alla certificazione della vittoria di Biden. Non a caso la Camera dei rappresentanti ha votato lo scorso 13 gennaio l’impeachment per Trump con l’assenso anche di 10 repubblicani.
L’attacco sbracato nelle fogge e nei comportamenti degli aficionados trumpiani, ma golpista e per nulla folkloristico essendo costato cinque morti, ha confermato urbi et orbi che Trump è un gran mascalzone fascistoide pronto a tutto pur di non riconoscere un risultato elettorale chiaro e lampante a suo sfavore. Biden, infatti, a novembre ha ottenuto 81.268.586 voti (51,4%) e Trump 74.215.875 (46,9). La percentuale per Biden è salita al 56,9% e quella di Trump scesa al 43,1% se si considerano i voti elettorali degli Stati: 306 contro 232. Biden ha ottenuto circa 7 milioni di voti popolari in più dell’incendiario Tycoon platinato.
Sulle ragioni e sui limiti della vittoria democratica si sono lette in questi mesi molte analisi; alcune oggettive, altre meno, soprattutto in Italia, perché volte a riproporre la tiritera del “si vince al centro” come ricetta, contro ogni evidenza, anche per la nostra malmessa sinistra. La questione su cui meno si sta discutendo, è che la vicenda elettorale statunitense ha messo in evidenza i limiti e le contraddizioni anacronistiche di una legge elettorale poco democratica che va cambiata se si vuole che la democrazia americana possa dispiegarsi pienamente e inclusivamente. La storia per conquistare il diritto di voto in America è lunga e si confonde con le fasi di avanzata e regressione della democrazia americana a iniziare dalla sua fondazione. E’ una storia drammatica che è costata lacrime e sangue alle minoranze escluse, innanzitutto a quella afroamericana.
Vediamone i punti principali da modificare. Primo. La legge dovrebbe essere federale senza interferenze da parte degli Stati a dominanza repubblicana, soprattutto nel Sud, che adottano i più svariati pretesti e le più incredibili disposizioni per negare il voto ai poveri, ai neri e alle altre minoranze etniche e sociali: dai documenti di riconoscimento ai cavilli sul domicilio, dalle prove di alfabetizzazione al ridisegno delle circoscrizioni elettorali da parte delle amministrazioni repubblicane a favore del loro partito e alla riduzione dei seggi delle votazioni. In Texas ci volevano ben sette documenti per votare e il governatore repubblicano Greg Abbot aveva ridotto nella Contea di Harris i seggi da 14 a 1 per il voto anticipato di quattro milioni di elettori. Poi ha dovuto fare marcia indietro. A purgare le liste elettorali dagli elettori indesiderati provvedono in molti Stati, specialmente repubblicani, apposite commissioni che cancellano con i più vari pretesti centinaia di migliaia di elettori in maggioranza democratici. In Georgia, per esempio, alle elezioni federali del 2018, l'allora Segretario di Stato repubblicano Brian Kemp – diventato governatore proprio in quelle elezioni – aveva estromesso dai registri 500 mila cittadini per non essersi recate alle urne nelle due precedenti elezioni secondo il motto “Use it, or lose it”, usalo o perdilo. A cambiare le cose è stata la mobilitazione delle minoranze per l’iscrizione nelle liste elettorali promossa dalla nera Stacey Abrams, sconfitta da Kemp nel 2018. Grazie a lei non solo Biden ha conquistato la Georgia ma anche il Senato con l’elezione di due senatori democratici in rappresentanza di quello Stato portando a 50 i seggi dei democratici.
Secondo. Il diritto di voto non dovrebbe essere più legato alla volontaria iscrizione alle liste elettorali ma esercitabile al compimento dei 18 anni di età da parte di ogni cittadino americano, salvo le poche eccezioni legate a detenzioni per gravissimi reati. Il diritto al voto va pienamente inteso in democrazia come un diritto umano naturale riconosciuto in quanto tale. L’esclusione dal voto della minoranza nera è stata la principale concessione che, dopo la vittoria nella guerra civile, l’Unione fece agli stati sudisti ex confederati consentendo loro di praticare una sistematica discriminazione e segregazione razziale anche dopo la sconfitta del nazifascismo di cui gli Usa furono protagonisti. Molti neri americani combatterono in Europa per quella libertà che, per molti aspetti proprio a cominciare dal diritto di voto, veniva loro sostanzialmente negata in patria.
Terzo. Si può mantenere il sistema dei grandi elettori di ogni singolo Stato ma dovrebbe essere proporzionale ai voti ottenuti dai partiti in lizza e non più maggioritario con l’assegnazione di tutti i Grandi Elettori al candidato arrivato primo in quel determinato Stato. Inoltre andrebbe periodicamente rivisto a livello federale il numero di Grandi Elettori in rapporto alla popolazione per equilibrarlo più congruamente pur garantendo un peso agli Stati meno popolosi e più rurali. Oggi il rapporto è molto squilibrato. Il Wyoming con meno di seicentomila abitanti ha 3 voti elettorali rispetto alla California che ne ha 55 con 37 milioni di abitanti. In sostanza si tratta di far concordare il voto popolare con quello dei grandi elettori cui non va consentito di cambiare il mandato ricevuto. E’ il popolo degli Stati Uniti a eleggere il Presidente non gli Stati federati.
Infine, da ultimo ma non per ultimo, la data dell’insediamento. Il Presidente eletto fino al primo insediamento di Roosevelt nel 1933 prendeva possesso dei suoi poteri il 4 marzo. Addirittura cinque mesi dopo la sua elezione. Poi, con il 20esimo emendamento votato nello stesso anno, la data fu portata al 20 gennaio a partire dal 1937. Cioè, circa due mesi e mezzo dopo le elezioni. Un tempo eccessivo in cui finora non era successo niente, ma che l’attacco eversivo di Trump ha sfruttato ampiamente mostrandone il pericoloso anacronismo. Sono tempi che vanno accorciati. Un mese può bastare perché il Presidente degli Stati Uniti eletto da tutto il popolo americano possa iniziare a governare.
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Obiettivo è determinare l'intervento del legislatore nazionale, sottolinea Roberta Lombardi, capogruppo M5S. Il testo include osservazioni di OMCEO e CittadinanzAttiva Lazio. Ora contributi da altre forze politiche e categorie coinvolte, da famiglie a lavoratori sanità e scuola
Roma, 18 settembre – “E’ pronta la proposta di legge sul medico scolastico per reintrodurre questa figura in maniera strutturale nel Lazio. Un testo che già in questa versione è stato arricchito dai preziosi consigli dell’Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri della Provincia di Roma (Omceo) e di CittadinanzAttiva Lazio”. Così Roberta Lombardi, capogruppo M5S in Regione Lazio, in un video su Facebook per la campagna #UnMedicoInOgniScuola, sulla proposta di legge per la reintroduzione del medico scolastico depositata in Regione Lazio e cofirmata con il consigliere regionale 5stelle, Loreto Marcelli, vice presidente in Commissione Sanità.
“L’obiettivo è andare oltre l’ordinanza regionale contingente ed urgente dei primi di settembre, fare una campagna affinché tutti i sistemi sanitari regionali introducano questa importante figura che faccia da raccordo tra le famiglie e la quotidianità dei nostri bambini e ragazzi vissuta all’interno delle istituzioni scolastiche ed educative di ogni ordine e grado, a partire dagli asili nido. Ora l’ambizione è portare questo obiettivo all’attenzione del Legislatore nazionale, magari in un prossimo decreto, in modo da reintrodurre il medico scolastico a livello di normativa nazionale”.
“Nel frattempo grazie al dibattito che si è sviluppato e al confronto con i colleghi di altre regioni, abbiamo visto come il medico scolastico possa essere una figura importante, oltre l’emergenza covid, anche per gli aspetti di educazione e prevenzione sanitaria, e come possa svilupparsi anche nella forma di team multidisciplinari”.
“Questa proposta di legge è depositata ma è ovviamente emendabile, quindi mi aspetto che anche le altre forze politiche vogliano contribuire e che quando partirà il ciclo di audizioni, dopo che sarà stata incardinata, tutti i soggetti interessati, dalle famiglie al personale sanitario ai lavoratori della scuola, possano aiutarci affinché questo progetto di legge possa crescere e trasformarsi in uno strumento utile per tutti noi cittadini”, conclude Lombardi.
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Il consigliere regionale Loreto Marcelli ha presentato una proposta di legge per la valorizzazione della cultura popolare e dei festival folkloristici. "Le espressioni artistiche popolari – spiega Marcelli - rappresentano un ulteriore veicolo di sviluppo economico per quelle piccole realtà che trovano un importante respiro proprio nell'organizzazione di queste iniziative culturali da parte di gruppi che per lo più si autogestiscono e autofinanziano. Senza dubbio – continua il Consigliere – aggiungerei che tali iniziative sono da preservare anche in virtù del valore culturale e di tradizioni che hanno e che trasmettono: conoscere le proprie radici, il rispetto della storia del patrimonio storico-culturale. Importatissimo anche il riflesso che tali eventi hanno sul turismo, considerata la partecipazione sia locale che internazionale a eventi di carattere popolare".
"La legge proposta prevede una serie di strumenti a beneficio dei gruppi folcloristici in possesso dei requisiti contenuti e normati dalla legge stessa. "I vantaggi per le associazioni e i gruppi, che abbiamo previsto nella proposta – aggiunge il Consigliere - riguardano numerosi servizi quali, per citarne solo alcuni, la qualificazione di sedi e attrezzature destinaste alle attività di tutela e valorizzazione delle tradizioni popolari, la partecipazione a festival nazionali ed internazionali, l'organizzazione di manifestazioni, collaborazioni con le scuole di ogni ordine e grado per la salvaguardia e lo studio delle tradizioni. Insomma una serie di strumenti che aiutino la divulgazione delle tradizioni che gli stessi gruppi presentano. Preservare e tutelare la storia e le tradizioni dei nostri luoghi – conclude il consigliere Marcelli - è necessario anche per imparare chi siamo oggi, per far sì che i luoghi non siano solo edifici ma che siano una storia da conoscere e raccontare e la proposta di legge presentata mira a fare ciò. Un ringraziamento particolare lo devo al gruppo folk "Valle di Comino" e all'associazione culturale e folcloristica "Ciociaria" per la collaborazione e il supporto che mi hanno offerto".
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