Una croce rossa sulla scritta Napoli
LOTTE E VERTENZE
La vicenda della Whirlpool di Napoli è la vertenza simbolo da cui passa la verifica sulla realizzazione degli impegni del Governo sulla questione meridionale e sull’occupazione industriale al Sud». Un racconto di amori, gioie, dolori, belle avventure e sfide coraggiose e quasi impossibili
di Rossana Germani*
Era il 31 maggio del 2019 quando Vincenzo Accurso vide per la prima volta una “croce rossa” segnata sul sito di via Argine e quindi su tutti i lavoratori della Whirlpool di Napoli che lui, in quanto Rsu, rappresentava. Era andato fiducioso quel giorno Vincenzo a Roma. Finalmente, dopo mesi di attesa e continui rinvii, era riuscito, insieme a tutti i sindacati, ad ottenere quell’incontro al MISE con il Governo e la multinazionale americana.
Ma vogliamo farvi toccare con mano lo stato d’animo di Vincenzo in quel 31 maggio di tre anni fa, riportandovi fedelmente le parole che lo stesso Vincenzo ci ha donato e che noi abbiamo riportato fedelmente nel romanzo “Storie in Centrifuga – Napoli non molla!”.
Ricordiamo a tutti che questo è un romanzo che prende spunto dalla vertenza Whirpool ma che racconta storie di vita frizzante di alcuni di quegli operai ma anche storie di fantasia che ben si incastrano con quelle reali. Raccontiamo amori, gioie, dolori e tante belle avventure e sfide coraggiose e quasi impossibili. Abbiamo sempre detto che dietro, dentro e fuori quella fabbrica ci sono persone, famiglie intere con ognuna una loro storia. Noi ne abbiamo riportato alcune che hanno dello straordinario e forse anche del magico e le abbiamo fuse con altre frutto della nostra creatività. E poi c’è anche la narrazione in prima persona di Vincenzo ed è quella che riportiamo qui di seguito:
«Ero lì, seduto ad ascoltare, seduto sui miei 16 anni di lavoro, ero lì, ma la mia mente andava altrove, e poi si fermava, si bloccava e continuava a non voler credere a quello che ahimè aveva già compreso, ma non voleva farmi conoscere.
La mattina del 31 maggio è iniziata con appuntamento di tutti i colleghi della RSU che si riunivano alla stazione e insieme alle segreterie territoriali si dirigevano a Roma, per un incontro con la direzione, in una sala dell’hotel Cavour a pochi passi dalla stazione Termini.
Nei mesi precedenti avevamo più volte chiesto all’azienda di conoscere gli sviluppi del piano industriale che avevamo firmato solo pochi mesi prima. Era diventata quasi una prassi cadenzata di settimana in settimana: avevamo chiesto anche alle segreterie nazionali di insistere con il governo per avere risposte in merito. In quel treno oltre alle conversazioni ordinarie si parlava di noi e del nostro futuro e c’era la necessità di fare qualche battuta, di trovare qualcosa di apotropaico che riuscisse a rendere più leggero quel viaggio, nonostante fossimo su di un treno veloce unico scalo per noi a Roma, il nostro cuore, stava avendo troppe fermate e sembrava non arrivare mai.
Guardando i miei colleghi, ripensavo agli otto anni consecutivi di riduzione continua di stipendio e orari di lavoro, alle rinunce che eravamo stati costretti a fare assieme ai nostri figli alle nostre mogli, ai nostri mariti. Tutto questo per sostenere la grande crisi che stava attraversando l’industria del comparto del bianco, il governo stanziava ammortizzatori sociali per sostenere il gruppo. L’azienda aveva dichiarato continui tagli al personale e manovre che servivano a contrastare e cercare di superare la crisi. Gli anni e gli incontri si susseguivano e ad ogni incontro le notizie non erano mai confortanti, si ritornava sempre con tagli, incentivi all’esodo e consistenti ammortizzatori sociali che garantivano una continuità produttiva ma portavano in sé una crisi ancora non risolta e soprattutto riduzioni salariali. Ad oggi sono dieci anni che non percepiamo uno stipendio pieno. La nostra è una crisi che viene da lontano, ma non quella della multinazionale ma bensì quella dei lavoratori, stipendi ridotti, per lungo tempo, modificano sensibilmente il proprio status sociale, ridimensioni la tua vita, quella dei tuoi cari e le opportunità, gli svaghi, i divertimenti, gli acquisti e tutto ciò che puoi fare tenendo conto della tua capacità economica. Quello che prima era normale od ordinario, come prendersi una pizza o mangiare al ristorante oppure comprare un vestito o un giocattolo di proprio gusto, da quel momento non lo era più. Comprare un giocattolo od un vestito al proprio figlio non è una questione di gusto ma una questione di prezzo, è una questione di possibilità, e non si parla di mangiare in un tre stelle Michelin o di comprare l’ultimo videogioco uscito che tutti vogliono avere, qui si parla della possibilità di prendere parte alla felicità, felicità garantita da una comunità, un Paese, quella data da una semplice pizza od un panino, un giocattolo gradito al proprio figlio, una scelta che non può e non deve essere barattata con i bisogni primari, la possibilità di poter pagare mutuo, bollette, cure mediche o altro.
Con questo scenario, ci apprestavamo a risederci al tavolo del 25 ottobre, sperando che prima o poi la crisi finisse, e allora tutti avremmo potuto guardare il futuro con occhi diversi, non più con speranza e timore ma come certezza e benessere. Ricordo ancora tutti i timori che circolavano in fabbrica tra colleghi, avevamo bisogno di sentirci dire altro, già troppi colleghi avevano deciso di andare via, chi per troppi debiti accumulati, chi perché non riusciva più ad andare avanti in quel modo, le riduzioni salariali avevano messo in difficoltà un po’ tutti, molti riuscivano a fare i salti mortali ma altri non potevano permettersi nemmeno quelli.
L’attesa, in quella sala di albergo, era una tortura, ma ormai eravamo lì, era solo questione di pochi minuti. Arrivammo a quell’hotel dove fummo convocati per conoscere i nuovi programmi Whirlpool per l’Italia. La tensione era tanta ma eravamo fiduciosi del fatto che con l’accordo dell’ottobre 2018 la compagnia si era impegnata col governo italiano per un piano di sviluppo importante.
C’ero anche io quel giorno di ottobre al Ministero dello sviluppo e economico (MISE). Quello fu veramente un momento di tensione. Il rischio di un taglio del futuro della fabbrica di Napoli era concreto. E già mi stavo preoccupando di come poter riferire questa decisione alle centinaia di amici e colleghi al mio ritorno. Pregai dentro me stesso perché quella non dovesse essere la notizia da dare. Entrammo nel parlamentino all’interno del Mise, sala messa a disposizione dove discutere del nuovo piano Italia, una tra le prime persone che mi trovai davanti fu uno degli ex direttori di fabbrica, Luigi La Morgia. La Morgia fu uno di quei direttori che in fabbrica è stato ben voluto e che, lavorando in squadra, riuscì a raggiungere altissimi risultati, tra questi il riconoscimento del miglior sito Whirlpool del mondo, ottenuto grazie al coinvolgimento, la partecipazione e l’unione di tutte le maestranze. Quel premio non solo incideva sulla qualità del prodotto e sull’efficienza della lavorazione ma bensì attestava il valore degli operai di Napoli come team e capacità lavorative. Ricordai le parole di La Morgia quando a una festa di fine anno, salito sul palco a fine spettacolo ci disse: «Questa fabbrica potrebbe essere esportata in qualsiasi parte del mondo. Però le persone che sono qua, la terra, la passione che c’è in questa fabbrica non si può replicare da nessun’altra parte… questo è il vero fattore di successo di questa fabbrica… non ve lo dimenticate mai.»
Ora aveva un’altra carica, era General Manager del lavaggio Emea ed era lì per spiegare parte del piano Italia, quello che riguardava proprio noi. Prima di cominciare l’incontro, per rassicurarci, ci disse di non preoccuparci perché ci avrebbe fatto vedere che il piano per Napoli era uno dei migliori, era solido e avrebbe ridato lavoro pieno alla nostra fabbrica. E in effetti per quello che ci fu presentato, fu proprio così, si parlava di sviluppo di investimenti di nuovi prodotti e progettazione, una lavatrice nuova che avrebbe racchiuso i marchi più importanti dell’alto di gamma Whirlpool. Fecero vedere anche alcune immagini di questa nuova lavatrice, dimensioni, estetica, alcune caratteristiche, modifiche innovative, tutte cose che toglievano ombre dai nostri cuori, tutto ciò che desideravamo e che segnavano, evidentemente, la fine di tanta sofferenza.
Tutto questo spazzava come un vento tiepido il freddo che pian piano si era insinuato in quei lunghi anni e finalmente si risentiva il caldo tepore del domani. Mi ricordai che preso da tanto entusiasmo iniziai a messaggiare ai miei colleghi, trasferii il mio entusiasmo, non vedevo l’ora di ritornare a Napoli per poter raccontare, fare un’assemblea e dire a tutti che era finito il periodo buio, vedere negli occhi dei miei compagni di lavoro di nuovo quella luce che da un po’ non brillava più.
Il viaggio di ritorno in treno, benché durasse solo un ora, sembrava non finisse mai, le telefonate, i messaggi erano continui, tutti volevano sentire, volevano sapere, ma soprattutto cercavano di attingere dal mio entusiasmo e quello dei miei compagni di viaggio. Ricordai quell’assemblea la mattina dopo, finì con un grande applauso e con abbracci e risate. Quelle risate erano come il cinguettio degli uccelli appena finita la tempesta, nell’aria senti ancora l’odore della pioggia, in lontananza ti sembra ancora di sentire un brontolio dal cielo, ma in alto su di te c’è un canto leggero che ti trasporta con sé e ti fa volare lontano, lontano nei giorni, lontano nel tempo.
Adesso però, in quell’hotel, la direzione ci avrebbe dovuto dare delle risposte. L’entusiasmo iniziale, creato da quella firma del nuovo piano industriale di rilancio, cominciò ad assopirsi. I giorni passavano, il lavoro rimaneva uguale, ma presto si sarebbero dovuti fare i primi investimenti, in fabbrica si lavorava su azioni atte a garantire la sicurezza e l’ergonomia delle postazioni di lavoro, il famoso WCM (modello FCA), che oltre a trovare soluzioni di questo tipo cerca di trovare soluzioni anche agli sprechi. Ogni postazione veniva studiata, ogni movimento veniva corretto, nuove strutture venivano create e pensate tutte per realizzare al meglio le linee guida del WCM. Questo faceva presagire l’imminenza degli investimenti, faceva ben sperare per tutti noi lavoratori, ma i giorni si susseguivano, e ogni volta che la RSU chiedeva all’azienda qualche informazione riguardante il piano Italia, che fossero gli investimenti sui macchinari, che fossero le lavatrici che dovevano arrivare, la nuova piattaforma, il modello o altro riferito al piano, le risposte erano evasive, solo un “non preoccupatevi, arriveranno, state tranquilli”, ma di concreto non si vedeva nulla. Infatti, dopo varie sollecitazioni in fabbrica, decidemmo di fare pressione con le segreterie territoriali e nazionali. Volevamo delle risposte non solo dai nostri responsabili di fabbrica ma direttamente dalla dirigenza. Ma le risposte continuavano ad essere poco esaurienti. Facemmo allora richiesta al governo di essere convocati per discutere del piano Italia insieme all’azienda, un tavolo ufficiale per monitorare a che punto fossero gli investimenti e l’avanzamento del piano.
Di nuovo si stava rabbuiando tutto, di nuovo sembrava che in lontananza si stesse preparando un’altra tempesta o meglio, quella tempesta non era mai andata via, si era solo nascosta dietro a qualche montagna lontana dalla nostra vista. Dopo tante pressioni e tante voci che si susseguivano tra i lavoratori finalmente, il 31 maggio 2019, abbiamo una convocazione da parte dell’azienda per parlare del nostro futuro.
E adesso sono qui.
Galleggianti in un limbo, in un vuoto buio, senza nessuna delle due certezze, solo con appigli costruiti sulle proprie ansie, che si sgretolavano ad ogni ragionamento.
Dentro la sala in attesa della dirigenza Whirlpool c’era tutto il coordinamento, tra di noi si parlava, tutti molto nervosi, temevamo che non sarebbe stata una riunione chiarificatrice, ma bensì sarebbe arrivata una notizia non piacevole.
La Morgia era stato nominato da pochi mesi Amministratore Delegato del gruppo Emea Whirlpool, questo continuava a farci sperare bene, le sue parole in confidenza poi, avrebbero dovuto avere un peso, se non politico, sicuramente umano; dopo essere stato nostro direttore, la sua carriera in Whirlpool ha preso il volo, grazie alle conquiste e i meriti fatti assieme nello stabilimento di Napoli, e sicuramente con quelle stesse parole del 25 ottobre e con quello spirito ci avrebbe detto cosa ci dovevamo aspettare e ci avrebbe di nuovo rassicurato.
Era appena arrivata la dirigenza Whirlpool, i loro sorrisi facevano presagire distensione e stringere la mano alla domanda come va doveva essere un calmante per tutta quella tensione che ognuno di noi portava dentro, ma a breve sarebbe diventato solo un altro colpo di lama inferto alle nostre spalle.
Ero su quella sedia con i miei compagni intorno e ascoltavamo, immaginavamo e in cuor nostro speravamo, poi apparve una slide alle spalle di chi ci spiegava le loro intenzioni sulla fabbrica di Napoli.
Una CROCE ROSSA sulla scritta NAPOLI.
Un segno, quasi una marcatura a fuoco messa alla stessa maniera in cui si segna il bestiame.
E con quella freddezza, con quella inumanità, fu marchiata la nostra consapevolezza di essere bestiame, mandati al macello. Il codice deontologico che da sempre la Whirlpool millanta, ora aveva un’amarezza di erba velenosa, lasciata crescere volutamente ai margini del campo. Nella sala ci fu un attimo di silenzio, quell’aria calda, strana, ferma, che dicono si percepisca quando avviene un terremoto. Con un distacco che fa rabbia, lo senti come un brivido freddo sulla pelle ma come un fuoco bruciante nelle vene perché quel distacco è un prendere le distanze, è abbandonare, è gettare via non un sito produttivo, ma persone, futuro, vite.
Mentre la mente ti allontana, ti confonde, cerca di distrarti, il corpo capisce, il corpo reagisce e tu stanco gli chiedi di non combattere ma di lasciarsi ascoltare, e in quel momento ritornano le voci dei compagni al tuo fianco, ritornano le immagini più nitide, ora senti le urla, ora senti la tua rabbia e reagisci, ma per non perdere il proprio controllo la mente si allontana un poco, giusto per farti rimanere integro, per non far scomparire quello che sei veramente. La mia sensazione, non posso ricordare realmente tutte le emozioni, e forse è un bene, so che mi sono protetto ma ricordo che sono riuscito ad avvicinarmi al nostro ex direttore, al nuovo AD della società che solo pochi mesi prima stringendomi la mano mi aveva promesso che sarebbe andato tutto bene, che il futuro sarebbe finalmente stato roseo. Avanti a me c’era una verità spogliata dalla falsa umanità, ma una cruda realtà arrivista, opportunista, una brama nuda di potere. Le mie parole verso quell’uomo, le mie prime parole: “se tu fossi stato uomo mi avresti dovuto dire la verità per quegli uomini che con te hanno lavorato e oggi hai tradito. Ma, a distanza di tempo, mi rendo conto che quelle parole, che per me dovevano rappresentare un pugno allo stomaco, per quanto fossero cariche di umanità e per quanto sudassero dolore, per quanto esprimessero rancore, rabbia, invece non erano in grado di colpire chi non ha in sé quelle emozioni, chi si è privato di valori, chi ha venduto sé stesso.
Ricordo il turbinio di emozioni mie e dei miei compagni, le loro reazioni, un unico sentore condiviso rabbia mista a delusione, il sentirsi traditi, il sentirsi svenduti. Ricordo gli attimi concitati, e la fuga all’esterno come se dentro non ci fosse più aria, la necessità di respirare di nuovo.
La risposta era fin troppo chiara a noi, non servivano le parole, il grafico era fin troppo chiaro, quella ics rossa era pulsante del sangue di 420 famiglie, era una croce su tutti noi. Il tempo in quel momento si stava dilatando, i suoni e le parole in quella sala stavano sparendo, rimanevano solo le immagini e quella strana aria ferma, poi all’improvviso il ritorno alla realtà, alla velocità giusta, all’amaro presente, Il nostro caro ex direttore ci diceva che il sito di Napoli veniva ceduto, chiuso, scaricato. Un misto di rabbia e dolore prese tutti noi della RSU di Napoli, i sentimenti principali erano delusione, tradimento, abbandono, questi erano più forti degli altri sentimenti come la paura lo sconforto e dell’incertezza del proprio futuro.
Il treno ancora non era partito. Gli sguardi, le parole amare, la paura che ci aveva provocato quella riunione erano adesso parcheggiate per un attimo di riflessione. Ci sentivamo traditi dalla multinazionale, alla quale avevamo dedicato sacrifici, dedizione e la nostra vita stessa, la chiamavamo “mamma Whirlpool” perché era stata per noi una madre alla quale noi avevamo dato il nostro amore incondizionatamente, e quando si parla di amore nel lavoro vuol dire donarsi interamente, con sacrificio spirito di iniziativa e comportamento esemplare. Veniva a crollare uno dei pilastri della vita di ognuno di noi, non solo il lavoro ma anche la propria cara mamma Whirlpool, una mamma che non ti lasciava mai in difficoltà era sempre pronta ad ascoltarti e consolarti e pronta a sostenerti e metterti in piedi.
Quel giorno da figli realizzammo di essere vittime della sindrome di Stoccolma. Ritornammo a Napoli, e anche qui il viaggio in treno benché fosse di solo un’ ora era infinito, ci aspettavano i nostri compagni, i nostri fratelli, gli altri figli abbandonati, ricordo bene quei momenti e la nostra assemblea fatta lì sulle scale dell’ingresso della fabbrica, tutti lì, su di noi non c’erano più uccelli che cantavano, aveva piovuto, si sentiva forte l’odore della pioggia, che si mischiava alle lacrime dei lavoratori. Spendemmo tante parole, parole di rabbia, parole di rancore ma anche tante parole di ribellione, di riscatto e di forza, non eravamo disposti ad accettare tutto quello, non lo meritavamo per come ci siamo donati, abbiamo vissuto, e abbiamo amato quel luogo, quel lavoro che per noi rappresenta tutto. Tra tutte le parole quella che rimase più forte di tutte e ancora oggi riecheggia e valse come un giuramento tra di noi ma soprattutto un monito e un canto di battaglia per gli altri, per tutti: “Napoli non Molla”.»
Ora, dopo tre anni di lotte, manifestazioni in ogni dove e in varie modalità, e dopo il licenziamento da parte della multinazionale americana, quegli ex lavoratori della Whirlpool vogliono almeno che siano rispettate le ultime promesse da parte del governo. È arrivato il momento dei fatti.
In data 30 maggio 2022, in una nota congiunta, Barbara Tibaldi, segretaria nazionale Fiom-Cgil e responsabile elettrodomestico e Rosario Rappa, responsabile nazionale del Mezzogiorno per la Fiom-Cgil, dichiarano:
«Domani, 31 maggio, sono 3 anni dall’annuncio dell’amministratore delegato della Whirlpool della chiusura del sito di via Argine a Napoli.
Sono stati 3 anni di iniziative e di lotta per tenere aperta una realtà produttiva importante per il Mezzogiorno e per la città di Napoli. Una realtà chiusa con arroganza dalla multinazionale americana che ha deciso di delocalizzare la produzione di lavatrici di alta gamma. Il governo non ha potuto né voluto fermare la delocalizzazione di Whirlpool, determinando così l’effetto domino di una serie di chiusure di stabilimenti che risalgono a circa un anno fa come GKN, Gianetti Ruote e Timken.
Adesso il tempo è scaduto. Auspichiamo che si realizzi l’impegno assunto dal Prefetto di Napoli, e dalle Istituzioni, locali e nazionali, affinché arrivi la convocazione del tavolo di crisi presso il Mise per siglare entro il 30 giugno un accordo quadro in cui si sancisce l’avvio del processo di ricollocazione all’interno della vigenza degli ammortizzatori sociali dei 317 lavoratori ex Whirlpool alle medesime condizioni economiche e normative e il percorso di formazione di tutto il bacino a partire da luglio 2022.
Quindi, ringraziamo il Prefetto di Napoli per il lavoro svolto fin dal suo insediamento a sostegno della svolta positiva della vertenza, oltre alla proposta, raccolta dalle lavoratrici e dai lavoratori, di costruire un circolo come presidio di democrazia e legalità nei locali di via Argine. Come ringraziamo anche l’Arcivescovo di Napoli Don Mimmo Battaglia che dalla nomina non ha mai fatto mancare il suo appoggio alle lavoratrici e ai lavoratori con la sua presenza dentro lo stabilimento, la pastorale sul lavoro tenuta dentro la Whirlpool un anno fa e con il costante riferimento alla vertenza dall’apertura del Sinodo della chiesa di Napoli all’assemblea sinodale del 14 maggio scorso presso via Argine.
Confidiamo che gli impegni assunti da Comune, Regione, Governo e Consorzio vengano rispettati per dare avvio al progetto di reindustrializzazione del sito. Qualora tale impegno non dovesse realizzarsi, passeremo dal presidio all’occupazione dei tetti dello stabilimento.
La vicenda della Whirlpool di Napoli è la vertenza simbolo da cui passa la verifica sulla realizzazione degli impegni del Governo sulla questione meridionale e sull’occupazione industriale al Sud».
articolo pubblicato anche su CiesseMagazine
*Rossana Germani fa parte della redazione di CiesseMagazine e per essa cura anche la rubrica di cultura, libri e poesia.
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