Alberi: stop alla capitozzatura nelle città italiane

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Giornata Nazionale dell’Albero


di Giuseppe Sarracino*

Alberi: stop alla capitozzatura nelle città italiane

ALBERI: STOP ALLA CAPITOZZATURA NELLE CITTÀ ITALIANE – Il 21 novembre, in occasione della Giornata Nazionale dell’Albero, molte amministrazioni italiane saranno protagoniste di cerimonie, iniziative educative e la messa a dimora di nuovi alberi.

È un giorno dedicato a celebrare il valore degli alberi e a ricordarne il ruolo fondamentale nella salute delle nostre città.

Ma se davvero si vuole onorare questa ricorrenza, il gesto più significativo non è solo piantare nuovi alberi: è proteggere quelli che già abbiamo, bandendo una volta per tutte la pratica della capitozzatura.

Ogni taglio sbagliato, ogni chioma mutilata, ogni albero ridotto a un tronco spoglio contraddice lo spirito stesso della Giornata nazionale dell’Albero. Piantare oggi e capitozzare domani significa cancellare anni di crescita, disperdere risorse pubbliche, indebolire il patrimonio verde e diffondere un messaggio profondamente sbagliato ai cittadini.

Celebrare questa giornata non dovrebbe essere un rituale formale, ma un impegno concreto verso una cultura moderna, rispettosa e scientificamente fondata della gestione del verde urbano.

Perché non c’è celebrazione autentica dell’albero senza la cura consapevole delle sue forme, dei suoi tempi e della sua dignità biologica.

E la prima forma di rispetto è dire con chiarezza ciò che la scienza già afferma da decenni: la capitozzatura è una pratica dannosa, inutile, costosa e da bandire in ogni amministrazione che voglia davvero parlare di tutela degli alberi.

La capitozzatura – il taglio drastico della chioma di un albero attraverso l’asportazione indiscriminata delle branche principali – è una delle pratiche più dannose e allo stesso tempo più diffuse nella gestione del verde urbano.

Nonostante decenni di studi scientifici e la chiara contrarietà della moderna arboricoltura, la capitozzatura continua a essere utilizzata come intervento “risolutivo” per contenere dimensioni, eliminare rischi percepiti o “rimodellare” alberature ritenute troppo cresciute.

Il problema non è solo tecnico: la capitozzatura è un potente strumento di disinformazione collettiva. Quando a praticarla – o a permetterla – sono le pubbliche amministrazioni, il danno si moltiplica. I cittadini, infatti, traggono esempio da ciò che vedono negli spazi pubblici: se un Comune pota così, allora “si fa così”.

L’effetto è devastante: si consolida l’idea sbagliata che la capitozzatura sia una potatura corretta, necessaria e normale. Molti credono che una potatura drastica, fino ad eliminare l’intera chioma dell’albero, faccia risparmiare.

Al contrario  tale intervento produce una serie di costi economici nascosti, come, interventi ripetuti e più frequenti, abbattimenti anticipati, sostituzioni e reimpianti più ravvicinati, maggiori controlli.

Il risultato è una spirale di spesa pubblica che grava sui bilanci comunali, sottraendo risorse ad altri servizi e a una gestione sostenibile del verde. Ancora maggiore è la responsabilità,  quando la capitozzatura viene eseguita su alberi pubblici – ossia nel luogo più visibile, più condiviso e più simbolico per la collettività – le amministrazioni diventano veicolo di disinformazione ambientale.

I cittadini osservano ciò che vedono lungo viali, parchi, piazze, ovvero alberi, mutilati, ridotti a scheletri, e credono che questa sia la tecnica corretta. La psicologia sociale è chiara: ciò che è pubblico assume automaticamente una valenza di esempio. La conseguenza è quella di confondere potature di contenimento, di alleggerimento o di riforma con pratiche radicali che nulla hanno a che fare con la buona arboricoltura.

Il risultato è una erosione culturale del significato stesso di “potatura”. Le stesse ditte scelte per tali interventi, soprattutto  nei piccoli comuni sono prive di operatori preparati,  i quali non sanno che la capitozzatura elimina la parte fisiologicamente più forte della pianta e induce una ricrescita caotica fatta di rami deboli, inseriti superficialmente e con elevato rischio di rottura.

Gli alberi capitozzati diventano, paradossalmente, più pericolosi proprio in nome della sicurezza per cui vengono mutilati. Un albero, cosi  mutilato perde capacità di ombreggiare, mitigare le temperature, assorbire CO₂, filtrare particolato, ospitare biodiversità.

In altre parole, smette di svolgere le funzioni per cui è stato piantato, mentre continua a generare costi. Di fronte a questi continui scempi che si vedono, le Amministrazioni dovrebbero essere le prime a promuovere buone pratiche: dottando linee guida basate su standard (UNI 11706, best practices ISA ed EAC), pretendendo operatori formati, comunicando ai cittadini che un albero capitozzato è pericoloso.

La capitozzatura non è solo una cattiva pratica: è un potente generatore di errori collettivi.
Quando avviene nello spazio pubblico, diventa un messaggio sbagliato amplificato e istituzionalizzato.

Per questo le pubbliche amministrazioni hanno la responsabilità morale e tecnica di bandire questa pratica e di promuovere una cultura moderna della gestione del verde urbano. Forse solo così il 21 novembre – e ogni giorno dell’anno – potrà davvero essere celebrata la vita degli alberi.                                                                                                 

*Dott. Agr. Giuseppe Sarracino, Vice Presidente Associazione Italiana Direttori e Tecnici Pubblici Giardini

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