Cittadini e lavoratori. Con paraocchi e senza

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L’intento di salvare ciò che non è più salvabile


di Genitori Tarantini

Cittadini e lavoratori. Con paraocchi e senza
Genitori e figli di Taranto

CITTADINI E LAVORATORI. CON PARAOCCHI E SENZA – Ancora una volta, come succede oramai da tredici anni, i rappresentanti dei sindacati chiamano a raccolta i dipendenti dell’acciaieria nell’intento di salvare ciò che non è più salvabile.

Fino a qualche tempo fa, in perfetta armonia con un governo totalmente impreparato, predicavano che la salvezza sarebbe arrivata da una certa decarbonizzazione, figlia di strambe idee già propagandate dal presidente della Regione come soluzione di tutti i problemi: da quello sanitario e ambientale a quello della occupazione, a quello economico.

Pur sapendo perfettamente che i valori in campo non possono essere incastonati come pietre in un anello, i governi degli ultimi tredici anni, insieme alle sigle sindacali nazionali più conosciute, si sono esibiti in voli pindarici che prospettavano paradisiache ricadute sul territorio tarantino.

In collusione con l’azienda, hanno tirato così tanto la corda da spezzarla. Il risultato è che i sindacati, oggi, gridano al tradimento e insinuano nelle menti dei dipendenti pensieri che hanno come obiettivo principale le colpe del governo traditore, quella istituzione dello Stato che da anni non ha mosso una sola pedina che potesse assicurare la continuità produttiva e, ancora peggio, ha lavorato affinché la produzione restasse perennemente tiranna rispetto a salute e ambiente.

L’affare ex Ilva è stato gestito così male da portare l’attuale governo a decretarne la morte a far data dal primo marzo 2026, dopo aver continuato a utilizzare senza freni la cassa integrazione (dal primo gennaio 2026, saranno in seimila!).

Oggi, i sindacati hanno chiamato a raccolta le truppe (in realtà, non molto numerose) non per occupare la fabbrica, come sarebbe stato logico pensare, ma, ancora una volta, per impossessarsi della Strada Statale 100, con l’intento di creare problemi alla viabilità in ingresso e in uscita da Taranto.

Un volgare tentativo di affermare la forza e la luce oramai fioca della classe operaia.

Insieme ad altri attivisti, una rappresentanza dell’associazione Genitori tarantini era lì.

Non al fianco degli operai, come qualcuno ha provato a far passare, ma di fronte a loro. Per dire la nostra, per rimarcare il fatto che non si può manifestare occupando le strade quando sarebbe più giusto prendersela con chi ha creato i problemi.

Eravamo lì e qualcuno ci ha chiesto il perché. Noi, al contrario, ci chiediamo perché non c’erano i cittadini, quelli che, stanchi delle problematiche di salute legate a quella produzione, pretendono, a caratteri maiuscoli (visto che le loro posizioni le specificano restando comodamente a casa e digitando su una tastiera).

Ne sarebbero bastati duecento per convincere ad occupare la fabbrica quegli operai che ancora sostengono la produzione e continuano a vivere nel mondo dei sogni, illusi da sindacalisti spietati e incompetenti che non hanno saputo per tempo vedere al di là del proprio naso.

Alla luce di ciò, la speranza è quella di vedervi, insieme a noi, alla prossima occasione, anche per rappresentare chi non c’è più e chi non potrà esserci, magari bloccato dagli aghi della chemioterapia.

Nel territorio dalle enormi potenzialità in materia di lavori sostenibili, c’è ancora qualcuno che chiede l’elemosina di continuare a produrre acciaio con il carbone, per far felici gli operai del nord che di quel tipo di produzione si sono liberati, venti anni fa.

Così, arriva il sindacalista di Genova che dichiara: “Se Taranto affonda, noi non vogliamo colare a picco con loro!”, con buona pace della classe operaia che, dopo questa affermazione, può scordarsi di andare in Paradiso, perché queste parole aprono le porte dell’Inferno.

Porte dell’Inferno che, a turno, hanno presentato a voi Emiliano con Melucci prima e Bitetti adesso. Perché proporre l’irrealizzabile significa prendere in giro persone che già stanno soffrendo da anni, sia dipendenti che cittadini.

Continua a essere, però, un ottimo argomento da presentare in campagna elettorale, perché la sete di potere di molti politici (di destra, centro e sinistra) non si placa neppure davanti alla malattia, alla sofferenza e alla morte di un bambino.

E dalle campagne elettorali non ci tiriamo mai fuori, vista la frequenza con cui si presentano, nella nostra vita.

Non bisognerebbe accettare alcun ricatto. Una nazione democratica seria non propone ricatti, ma soluzioni. Tenere in considerazione non la salute e il lavoro, bilanciandoli, ma la salute e il lavoro in salute, che si bilanciano da soli.

E allora, cari dipendenti dell’ex Ilva, ci aspetteremmo da voi un rigurgito di dignità legato alla parola “lavoro”. Se, come si diceva un tempo, il lavoro nobilita, chiariteci cosa può esserci di nobilitante in un lavoro che costringe chi lo svolge ad ammalarsi e ammalare anche chi con quell’attività non c’entra nulla.

Chiariteci perché, per mantenere un’attività altamente inquinante, si sono dovuti perdere posti di lavoro a centinaia in lavori secolari e sostenibili, nel nostro territorio.

Chiariteci perché non riuscite ad abbandonare l’attuale padrone per cominciare a lavorare per Taranto, vostra e nostra Madre, pretendendo la chiusura, lo smantellamento degli impianti e le bonifiche.

Taranto è nella lista delle trenta zone di sacrificio dell’intero pianeta. Questo grazie anche a sindacalisti senza scrupoli che hanno piazzato degli enormi paraocchi ai dipendenti, ma lo è anche grazie a tutti quegli esseri umani che non hanno alcuna voglia di toglierselo, il paraocchi.

Noi saremo sempre e per sempre dalla parte di chi si è tolto il paraocchi.

Non sappiamo da che parte starete voi, lavoratori e cittadini.

Associazione Genitori tarantini


Genitori Tarantini

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